IL BELGIO È FUORI CONTROLLO: OGNI GIORNO 5 MORTI A RICHIESTA
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- Pubblicato Domenica, 29 Giugno 2014 00:15
di Gianfranco Amato
La statistica recentemente diffusa sul ricorso all’eutanasia in Belgio – Paese dov’è legale dal 2002, primo al mondo – lascia senza fiato: una media di cinque persone al giorno, col 2013 che con i suoi 1.816 casi ha segnato un aumento del 26,8% rispetto al 2012 (1.432 casi). Si tratta di centocinquanta casi al mese, una media, appunto, di cinque casi al giorno. Dai dati della Commission de contrôle et d’évaluation de l’euthanasie emerge, tra l’altro, che i fiamminghi ricorrono assai più frequentemente all’eutanasia (80%) rispetto ai francofoni, mentre sono gli anziani, tra i 70 e i 90 anni, a rappresentare il 53,5% della cifra totale. Segue la fascia tra i 60 e i 70 con il 21%, e quella degli under 60 che si attesta al 15%. Gli ultranovantenni rappresentano solo il 7%.
Tra casi più clamorosi balzati all’onore delle cronache vi è quello di una donna, Nancy Verhelst, che dopo essersi sottoposta a un’operazione chirurgica per cambiare sesso, e divenuta Nathan per l’anagrafe, ha poi scoperto di non potersi accettare nella nuova veste di uomo, al punto di decidere di togliersi la vita attraverso l’eutanasia, motivata dalle «insopportabili sofferenze psicologiche».
Noto è anche il caso dei gemelli Marc and Eddy Verbessem, i quali hanno deciso di ricorrere all’eutanasia dopo aver scoperto di essere inesorabilmente destinati a diventare ciechi. Potremmo continuare, ma il punto è un altro. Lo ha centrato il professor Chris Gastmans, docente di etica medica all’Università di Lovanio: «Davvero – si è chiesto – l’eutanasia è l’unica risposta umana che sappiamo offrire in simili situazioni?». Di fronte a un’umanità così drammaticamente ferita, davvero la sola opzione che lo Stato è in grado di prospettare è quella di farla finita? La scorciatoia della morte di fronte alla sofferenza, in realtà, è una sconfitta per tutti. Sempre.
MOZIONE DELLA LEGA NORD CONTRO L'IDEOLOGIA GENDER
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- Pubblicato Sabato, 28 Giugno 2014 23:59
di Gianfranco Amato
Sostegno della famiglia naturale con anche l’istituzione di una apposita Giornata, e condanna del tentativo di introdurre l’ideologia gender. È questo il contenuto di una mozione presentata dal gruppo della Lega Nord alla Regione Lombardia – grazie anche al contributo dei Giuristi per la Vita – e che verrà discussa martedì 1° luglio.
Si tratta di un documento coraggioso – lontano anni luce dalla pelosa ipocrisia che caratterizza la politica su queste tematiche –, in cui si ribadisce l’unicità della famiglia secondo la formula costituzionale, ovvero quella di una società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna. Il documento, però, non si limita a questo. Respinge e condanna ogni tentativo di introdurre l’ideologia gender e omosessualista nelle scuole, citando espressamente alcuni recenti episodi, tra cui la squallida vicenda accaduta al Liceo Giulio Cesare di Roma in relazione al romanzo “Sei come sei” di Melania Mazzucco, e diversi altri fatti accaduti nelle scuole materne ed elementari italiane, che fanno venire in mente quanto denunciato da Papa Francesco lo scorso 11 aprile alla Delegazione dell’Ufficio Internazionale cattolico dell’infanzia, quando ha parlato di «sperimentazione educativa sui bambini, usati come cavie da laboratorio, in scuole che somigliano sempre di più a campi di rieducazione e che ricordano gli orrori della manipolazione educativa già vissuta nelle grandi dittature genocide del secolo XX, oggi sostitute dalla dittatura del “pensiero unico”».
La mozione, inoltre, respinge e condanna il documento “Standard per l’educazione sessuale in Europa” redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, impegnando la Giunta Regionale a chiedere al Governo la non applicazione di tale documento nelle scuole italiane.
Respinge e condanna la strategia propagandistica dell’Ufficio Nazione Antidiscriminazione Razziale, con i suoi famigerati libretti “Educare alla Diversità”. Viene pure contestata la natura profondamente liberticida del cosiddetto DDL Scalfarotto contro l’omofobia. Viene, infine, richiesto alla Giunta Regionale di «individuare una data per la celebrazione della Festa della Famiglia Naturale, fondata sull’unione fra uomo e donna, promuovendone sia direttamente che indirettamente attraverso scuole, associazioni ed Enti Locali la valorizzazione dei principi culturali, educativi e sociali».
Alla mozione hanno aderito anche componenti del Gruppo del Nuovo Centrodestra, dei Fratelli d’Italia, e della Lista Maroni. Sulla carta, quindi, dovrebbero teoricamente esserci i numeri per l’approvazione nella seduta già fissata del prossimo primo luglio. Se la mozione verrà approvata, sarà interessante registrale le ripercussioni a livello nazionale.
Ecco il testo della mozione
CONFERENZA DI GIANFRANCO AMATO AL CENTRO PASTORALE DIOCESANO DI CREMONA
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- Pubblicato Lunedì, 16 Giugno 2014 00:39
Il sito della Diocesi di Cremona pubblica la registrazione della Conferenza di Gianfranco Amato, tenutasi al Centro Pastorale Diocesano il 4 giugno scorso. Potete ascolarla a questo link: http://www.diocesidicremona.it/main/base1.php?id=sknewsfoto&idrec=5444
A sua volta, il Centro Cattolico di Documentazione di Marina di Pisa ha trascritto l'intera registrazione audio, che potrete leggere a questi due link:
Prima parte: http://www.rassegnastampa-totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=6018
Seconda parte: http://www.rassegnastampa-totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=6019
GENDER, CRESCE L'ALLARME TRA I VESCOVI
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- Pubblicato Lunedì, 16 Giugno 2014 00:27
Monsignor Giuseppe Zenti , Vescovo di Verona, guida una delle più antiche e prestigiose diocesi d’Italia, che annovera ben quattro Papi tra i suoi pastori; Papa Benedetto XIII, Papa Benedetto XIV, Papa Clemente XIII e Papa Giovanni XXIII. Vogliamo ricordare monsignor Zenti perché è stato ingiustamente annoverato tra i vescovi “tiepidi” sulla questione relativa alla teoria del gender ed all’ideologia omosessualista. Le sue ultime esternazioni, rilasciate al settimanale Verona Fedele del 6 maggio 2014 rendono evidente in maniera chiara ed inequivocabile quale sia il pensiero del presule scaligero. Meritano di essere integralmente riportate, giacché in tempi di incertezza e tiepidità come quelli che stiamo vivendo, un giudizio lucido e adamantino come quello di mons. Zenti diventa davvero merce rara.
Così si è espresso il vescovo di Verona: «(…) Oggi, però, proprio l’identità missionaria della Chiesa la sospinge anche dentro la mischia culturale per esservi ancora una volta luce di verità e sale anticorruzione. Ed è chiamata a buttarsi nella mischia, nelle periferie esistenziali, nel vortice del non senso, proprio mentre è in atto uno tsunami culturale devastante: la cultura del gender. Una vera epidemia che sta invadendo l’intero mondo occidentale. Purtroppo la nostra gente ne sa ancora troppo poco o vi attribuisce il peso che si dà ad un raffreddore. In realtà si tratta di una cultura che altera geneticamente il Dna dell’antropologia, e sta imponendosi con la violenza di una dittatura anonima kafkiana. La sua matrice è l’idolatria del soggettivismo individualista, asociale, intollerante di ogni voce dissenziente. Se si radica ulteriormente a livello legislativo, benché nessuna legislazione sia autorizzata ad imporla come cultura, potrebbe profilarsi una ondata di persecuzioni antidemocratiche, contro chi si permette di dissentire. Non è infatti questione di rispetto o meno per chi ha fatto scelte diverse da parametri valoriali che appartengono alla grande tradizione dell’umanesimo. Il rispetto è assicurato a tutti. Il nodo della questione invece sta nell’antiumanesimo insito nella cultura del gender, del tutto estranea alla concezione identitaria ed etica dell’uomo di sempre, oltre, si sa, che alla visione biblica. Il suo contenuto è male agli occhi di Dio! Ed è male agli occhi di Dio esattamente perché è male per l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza; creato “maschio e femmina”.
A GIANFRANCO AMATO IL "PREMIO TESTIMONI"
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- Pubblicato Lunedì, 16 Giugno 2014 00:24
Il presidente dei Giuristi per la Vita è stato insignito durante l'ultima Giornata Regionale del Timone del Lazio
Roma, 09 Giugno 2014(Zenit.org) Luca Marcolivio
La verità sulla Sindone e la deriva antropologica contemporanea. Due argomenti apparentemente distanti e diversi, sia a livello concettuale che temporale ma legati dal filo rosso della verità sull’uomo. Sull’Uomo che fu ed è il Figlio di Dio e sugli uomini di ogni generazione.
Di questo si è discusso nel pomeriggio di sabato scorso durante la Giornata Regionale del Timone del Lazio, tenutasi presso il Centro Nazareth di Roma, con l’esposizione degli stand di varie realtà editoriali cattoliche ed in particolare apologetiche. Tra questi, naturalmente, il mensile Il Timone, che in queste settimane celebra quindici anni di attività.
Dopo la messa mattutina, celebrata da padre Arturo A. Ruiz Freites, dell’Istituto del Verbo Incarnato, nel pomeriggio è seguita la conferenza La verità sulla Sindone, a cura di Emanuela Marinelli.
Forte di 37 anni di studi sindonici, la professoressa Marinelli è sempre stata uno dei più tenaci avversari della datazione medioevale del tessuto più celebre del mondo e, alla fine i fatti le hanno dato ragione: l’uomo della Sindone di Torino è davvero pienamente rappresentativo del Gesù Cristo flagellato e poi crocifisso a Gerusalemme circa 2000 anni fa e la sua origine risale a quell’epoca e a quel luogo.
Un’evidenza ammessa anche da numerosi atei, ha sottolineato Marinelli, che ha rievocato anche i tentativi spiccatamente ideologici – non privi di risvolti di lobbying, manipolazione e corruzione – di insistere sull’identità della Sindone come “falso medioevale”.
La studiosa ha raccontato di un episodio risalente ai primi anni della sua attività di conferenziera: “Mi si avvicinò una donna anziana, semplice, forse analfabeta e mi disse: ‘non ho capito nulla delle sue spiegazioni scientifiche, però vedendo l’immagine del volto di Gesù, ho pensato che Gesù ci ha lasciato la Sindone, perché noi dobbiamo diventare come la Sindone’. A quel punto mi sentii io l’analfabeta…”.
Diventare “come la Sindone”, per quell’umile signora equivaleva a “stamparci dentro l’immagine di Gesù, forte chiara e serena nella sofferenza, perché gli altri quando vedono noi, devono vedere Cristo. Questa donna aveva capito sicuramente più di tanti scienziati”, ha quindi concluso la professoressa Marinelli.
È seguita l’attribuzione del Premio Testimoni all’avvocato Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita, noto per le sue iniziative pro-life e, più di recente, per le sue azioni legali contro la propaganda dell’ideologia gender, in particolare nelle scuole.
Il momento è drammatico, ha spiegato l’avvocato Amato, e non soltanto per via della propaganda omosessualista. Oltre al disegno di legge Scalfarotto sull’omofobia, sono stati depositati in Parlamento progetti di legge sulla depenalizzazione dell’incesto e dell’eutanasia, assieme ad altri sulla legalizzazione della fecondazione eterologa, fino alla restrizione dell’obiezione di coscienza sull’aborto.
“La fede a costo zero è finita - ha detto Amato -. Dobbiamo iniziare a chiederci a cosa siamo disposti a rinunciare per dimostrare che quello in cui crediamo è vero”.
DIVORZIO “BREVE”: È DAVVERO UNA CONQUISTA ?
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- Pubblicato Mercoledì, 04 Giugno 2014 14:10
di Filippo Martini
Con una votazione pressoché unanime (30 i deputati contrari) è stato approvato alla Camera il ddl unificato 831-892-1053-1288-1938-2200-A che disciplina il cosiddetto “divorzio breve” e lo “scioglimento anticipato della comunione” tra i coniugi.
Sarà certo casuale: una maggioranza così schiacciante, a poche ore da un suffragio europeo e amministrativo che ha consacrato il Pd sugli altari del governo democratico del paese, facendo traballare il movimento 5 stelle, Forza Italia e sprofondare gli altri partiti.
Sì, sul divorzio breve la maggioranza c’è stata, schiacciante e bipartisan.
Il disegno di legge, che ora passerà in esame al Senato prevede sostanzialmente che alle parole “tre anni” dalla separazione, originariamente previsti dall’art. 3 l. 898/70 per lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio (divorzio), siano sostituite le parole “dodici mesi”. La decorrenza del termine poi è anticipata alla data di notifica della domanda di separazione (mentre prima, era già fissata all’udienza di comparizione dei coniugi avanti al Presidente del Tribunale).
Forse (e si scusi la nota non priva di vis polemica) si poteva direttamente eliminare l’istituto della separazione. Istituto che, ricordiamolo, secondo l’intendimento originario del legislatore aveva senso in quanto caratterizzato da un lasso di tempo congruo (tre anni, appunto, erano stati ritenuti congrui negli anni ’70) affinché i coniugi ponderassero un eventuale ripensamento che li aiutasse a riconciliarsi. Evidentemente non è così. O meglio non è più così. Non si crede più nella “pace”. Chi si ammanta di bandiere arcobaleno con la scritta “PACE”, probabilmente non crede, non spera che due persone sposate possano provare (magari con un aiuto) a riconciliarsi seriamente. Si fanno appelli alla pace nel mondo, si fanno moratorie per scongiurare crisi internazionali, ma evidentemente, al “microcosmo” di una famiglia che rischia di sfasciarsi e così di sfasciare le basi sui cui lo stato, i popoli, si fondano, nessuno ci pensa. E quindi, togliamo i tre anni, però manteniamo la parvenza buonista di una separazione che ormai è pura ipocrisia e la cui soppressione integrale sarà evidentemente il prossimo passaggio (tanto per adeguarci ai paesi Europei più progressisti).