LA DEMAGOGIA DELLE REGIONI SULLA FECONDAZIONE ETEROLOGA
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- Pubblicato Mercoledì, 24 Settembre 2014 12:49
Primo sì alle linee guida per disciplinare la fecondazione eterologa, che sarà gratuita o dietro pagamento del ticket, prevista cioè nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), ma con dei paletti rispetto all’età delle donne riceventi, che devono essere in età potenzialmente fertile (fino ai 43 anni). Su questo e altri punti, tecnici e funzionari regionali hanno trovato un accordo nel documento tecnico che giovedì sarà presentato alla Conferenza Stato-Regioni, convocata in via straordinaria anche per discutere dell’attuazione della procedura dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha abolito il divieto previsto dalla legge 40. Le Regioni sarebbero orientate all’introduzione dell‘eterologa gratuita nelle strutture pubbliche, un argomento su cui però il confronto è ancora acceso. Il costo della procedura
di Francesco Mario Agnoli
Dopo tutte le polemiche, le notizie di stampa e i dibattiti televisivi nessuno ignora cos'è la fecondazione eterologa, di recente sdoganata dalla Corte costituzionale con la sentenza n 162/2014, che ha dichiarato incostituzionale la norma della legge n. 40 del 19/2//2004, che la vietava, autorizzando soltanto l'omologa, che si ha quando i gameti (il seme e l'ovulo) utilizzati nella fecondazione artificiale o “in vitro” (FIV) appartengono alla coppia di genitori del nascituro. La Corte ha ritenuto che la scelta di una coppia sterile di avere figli attraverso l'eterologa (cioè con l'utilizzo di gameti provenienti da un estraneo) sia “espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi” sicché non può essere vietata soprattutto in un ordinamento giuridico che, appunto con la legge 40, consente alle coppie sterili di fare ricorso alla fecondazione assistita.
I problemi posti dall'eterologa sono ben più gravi di quelli economici. Riguardano la psicologia e la sociologia. Coinvolgono principi fondamentali della convivenza umana e di civiltà. Forse metterà conto di occuparsene in altra occasione anche se già numerosissimi sono gli scritti, di diverso spessore, quantitativo e qualitativo, su tali aspetti. In questa sede ci si tiene terra-terra, limitandosi al più volgare (ma non per questo trascurabile) dei problemi: quello economico.
La Conferenza delle Regioni, dopo avere preso atto dell'opinione dei tecnici, secondo i quali il costo della procedura si aggirerà tra i 2.500 e i 3.200 euro, ha deciso di porre l'eterologa a carico del Servizio sanitario regionale o con il pagamento di un modesto ticket o del tutto gratuitamente (quest'ultimo sembra il caso dell'Emilia-Romagna).
Tralasciando le questioni etiche, che pure hanno il loro peso dal momento che l'eterologa viene così posta a carico di tutti i contribuenti, inclusi quelli contrari per motivi non solo ma anche etico-religiosi all'eterologa, atteniamoci al fattore spesa, che evidenzia l' incapacità, per demagogia ed altro, dei nostri enti pubblici ad adeguare decisioni e condotte alle esigenze dei tempi..
Tutte le regioni italiane, incluse quelle che già hanno iniziato a dare concreta attuazione all'eterologa (come la Toscana, che è stata la prima a protestare) si sono scagliate contro il proposito del governo Renzi di coinvolgere nei tagli della spending review anche il settore sanità. Dovrebbe essere evidente che tale proteste sono del tutto infondate e pretestuose da parte di Regioni che hanno deciso di addossarsi (cioè di addossare ai propri cittadini-sudditi) le spese della FIV, che ammonteranno, quanto meno, a centinaia di migliaia di euro all'anno. L'eterologa non risponde difatti ad alcun interesse pubblico e difatti i rappresentanti del popolo sovrano l'avevano addirittura vietata e la Consulta l'ha sì sdoganata, ma solo in nome dell'individuale libertà di autodeterminazione delle coppie desiderose di avere comunque quei figli che la natura gli nega anche attraverso costosi tentativi, oltre tutto destinati, nella maggior parte dei casi, al fallimento. Desiderio comprensibile, ma nella sostanza non diverso, dal punto di vista dello Stato, da quello di chi, avendo gli occhi marron, li vorrebbe azzurri o di chi vorrebbe passare, come i ricchi, le ferie estive a Miami o alle Mauritius invece che a Capocotta.
In realtà il discorso andrebbe esteso all'intero settore sanitario nazionale (e articolazioni regionali), che rappresenta una delle massime fonti di spesa del bilancio pubblico e del quale dovrebbero rimeditarsi scopi e funzioni. In tempi di vacche grasse si possono forse includervi richieste e desideri nati dalla individuale libertà di autodeterminazione, ma in tempi di crisi occorre restringersi ai fondamenti del diritto alla salute e ad un'autentica pubblica utilità. Certo per farlo serve quella capacità davvero rivoluzionaria di cambiamento della quale Matteo Renzi e il suo governo parlano sempre, ma attuano solo nei settori di minore o minima resistenza (vedi Senato e Province). In mancanza altroché eterologa e libertà di autodeterminazione! Verranno meno le cure di base (già oggi l'acquisto dei medicinali è per molti un problema).
Per di più, se una sana reazione alla demagogia regionale dell'eterologa desse la spinta per realizzarla, si tratterebbe finalmente di una vera riforma strutturale, non come quelle di un soldino qua un soldino là, che nemmeno valgono a contenere la continua, inarrestabile crescita del debito pubblico.