SULL'OBIEZIONE DI COSCIENZA I DATI RACCOLTI DALLA CAMERA DEI DEPUTATI DANNO RAGIONE AI GIURISTI PER LA VITA
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- Pubblicato Domenica, 09 Marzo 2014 22:24
COMUNICATO STAMPA 12-2014
Da molto tempo la battaglia contro i medici obiettori di coscienza all'aborto viene condotta, fra l'altro, sostenendo che l'alto numero di obiettori impedirebbe un servizio efficiente e facendo intendere che sia assolutamente necessario – per garantire il "diritto" delle donne che intendono abortire – ridurre il numero degli obiettori, mediante concorsi riservati a chi non obietta; qualcuno – sulla spinta di questa presunta "emergenza" – si spinge a sostenere che l'obiezione di coscienza non dovrebbe essere più permessa, perché il giovane che intraprende gli studi di medicina sa fin dall'inizio che il "servizio" che dovrà garantire comprende anche l'uccisione dei bambini non ancora nati a semplice richiesta della madre.
La C.G.I.L. ha trasformato queste chiacchiere in un ricorso al Consiglio Sociale Europeo, in cui si sosteneva che il diritto ad abortire veniva di fatto negato e che i medici non obiettori di coscienza erano costretti a turni massacranti per garantire il servizio ed impediti a dedicarsi ad altre specialità.
Chiacchiere, appunto: i Giuristi per la Vita, che sono intervenuti per conto di numerose associazioni, hanno facilmente dimostrato – dati ministeriali alla mano e sulla base di ricerche scientifiche – che il numero dei medici non obiettori è ampiamente sufficiente per garantire il triste servizio abortivo, anche perché gli aborti chirurgici legali sono drasticamente diminuiti; che ogni medico non obiettore ha un “carico” di aborti di poche ore all'anno; che la CGIL volutamente ha fatto confusione tra garanzia di effettuazione degli aborti in ogni ospedale – pretesa assurda, che non esiste per nessuna specialità chirurgica – e stessa garanzia all'interno di ogni ASL: cosicché si grida allo scandalo perché in uno o in un altro ospedale non si effettuano più aborti, senza tenere conto che, nella stessa città o a pochi chilometri di distanza, il servizio è garantito, tralasciando anche il fatto che la stragrande maggioranza degli interventi non sono urgenti e, quindi sono programmati.
Ecco che la XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, con una risoluzione approvata il 6 marzo scorso all'unanimità (salva l'astensione dei deputati di SEL), mette nero su bianco che quanto sostenuto dai Giuristi per la Vita è esatto.
E' MORTO MARIO PALMARO, VICE PRESIDENTE DEI GIURISTI PER LA VITA
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- Pubblicato Lunedì, 10 Marzo 2014 13:39
COMUNICATO STAMPA 13-2014
I Giuristi per la Vita partecipano al dolore per la scomparsa del Vice Presidente Mario Palmaro, un collega, un amico, un fratello.
Si stringono con profondo affetto alla moglie Anna Maria e ai figli, Giacomo, Giuseppe, Giovanna e Benedetto, che sentono ancora più vicini nell’ora della prova.
Passato attraverso il crogiolo della sofferenza fisica, Mario ha concluso la sua corsa terrena in grazia di Dio, dopo aver combattuto la buona battaglia. Dinanzi al Giusto Giudice, anche lui, come San Paolo, potrà dire senza timore: «bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi».
IL PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato
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IMPUGNATO IL DECALOGO UNAR PER LA STAMPA
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- Pubblicato Mercoledì, 26 Marzo 2014 13:39
COMUNICATO STAMPA 14-2014
Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana, avvalendosi dell’assistenza legale dei Giuristi per la Vita ha impugnato presso il T.A.R. del Lazio il famigerato decalogo dell’UNAR «per una rispettosa informazione delle persone LGBT». E' il primo – e per ora unico – giornalista che abbia sfidato la dittatura del politicamente corretto.
I Giuristi per la Vita ricordano che l’atto impugnato è quel documento che, dopo aver sancito l’obbligo di usare sempre l’acronimo LGBT:
- impone di non confondere il «sesso biologico», che riguarda i cromosomi e la fisiologia degli apparati genitali, con l’identità di genere, che viene definita come «il senso intimo, profondo e soggettivo di appartenenza alle categorie sociali e culturali di uomo e di donna, ovvero ciò che permette a un individuo di dire “io sono un uomo, io sono una donna”, indipendentemente dal sesso anatomico di nascita»;
- vieta di usare espressioni quali «famiglia naturale» o «famiglia tradizionale», o espressioni quali «famiglia gay» o «famiglia omosessuale» per intendere il nucleo in cui i genitori sono dello stesso sesso, dovendosi preferire la locuzione «famiglie omogenitoriali», oppure «famiglie con due papà, due mamme, ritenendo «meglio ancora parlare, semplicemente, di famiglie» ed evitare di contrapporre tali realtà al concetto di «famiglie tradizionali»;
- vieta, in tema di adozioni, di sostenere che il bambino «ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico» (il giornalista che sostenesse questa tesi si renderebbe responsabile della propagazione di un «luogo comune», smentito dalla «letteratura scientifica»);
- vieta di parlare di «utero in affitto», considerandola un’«espressione «dispregiativa», che va sostituita con l’espressione «gestazione di sostegno»;
- impone di superare l’istituzione di un contraddittorio quando si parla di tematiche LGBT nei giornali e nelle televisioni, nel senso che «se c'è chi difende i diritti delle persone LGBT» non è necessario che si dia voce a chi è contrario;
- invita anche i fotografi ad evitare di riprendere immagini di persone «luccicanti e svestite» durante i servizi sui “gay pride”.
Questi i due principali motivi del ricorso al T.A.R. Lazio proposto da Riccardo Cascioli, che è stato notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Dipartimento per le Pari Opportunità e all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale:
- violazione del diritto alla libertà di espressione e del pluralismo informativo e violazione degli articoli 13 e 21 della Costituzione;
- difetto di competenza, violazione della riserva di legge per quel che concerne le restrizioni alla libertà personale, eccesso di potere, violazione dello Stato di Diritto, violazione degli articoli 13 e 117 della Costituzione, per contrasto con l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, violazione dell’art.2, Legge 3 febbraio 1963, n.69.
I Giuristi per la Vita ricordano, peraltro, che l’ultimo precedente relativo ad una direttiva del governo italiano indirizzata ai giornalisti in cui si specificava cosa scrivere e come scrivere toccando alcuni temi, risale a settant’anni fa. Bisogna, infatti, rievocare le famigerate “veline”, ovvero i fogli d'ordine (redatti appunto su carta velina) contenenti le disposizioni che il regime fascista impartiva alla stampa quotidiana e periodica, che cominciarono a circolare dal 1935 e che divennero sempre più pressanti verso i giornalisti dopo l’istituzione del Ministero della Cultura Popolare. Non pare proprio un precedente particolarmente edificante.
IL PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato
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Precisazione sul contributo professionale del dott. Renzo Puccetti
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- Pubblicato Mercoledì, 02 Aprile 2014 10:52
COMUNICATO STAMPA 15-2014
A seguito di alcune spiacevoli polemiche apparse sulla Rete, i Giuristi per la Vita precisano che il dott. Renzo Puccetti ha prestato, in più occasioni, la propria attività professionale nel redigere relazioni tecniche di carattere medico-scientifico, utilizzate dagli stessi Giuristi per la Vita per intraprendere diverse azioni legali, tra cui il recentissimo ricorso al TAR Lazio avverso la determinazione dell’Agenzia Italiana per il Farmaco con cui è stata modificata l’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso umano “Norlevo”.
I Giuristi per la Vita colgono l’occasione per ringraziare il dott. Renzo Puccetti del prezioso e disinteressato contributo professionale da lui generosamente offerto in pieno spirito di collaborazione.
IL PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato
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RICORSO AL TAR DEL LAZIO CONTRO LA PILLOLA NORLEVO
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- Pubblicato Giovedì, 10 Aprile 2014 14:18
COMUNICATO STAMPA 16-2014
L’associazione Giuristi per la Vita, l’Unione Cattolica Farmacisti Italiani, il Forum delle Associazioni Familiari, l’A.I.G.O.C. Associazione Italiana Ginecologi e Ostestrici Cattolici, l’associazione Pro Vita Onlus, difese dagli avvocati Gianfranco Amato, Giorgio Razeto, Maria Luisa Tezza, Stefano Spinelli E Salvatore Francesco Donzelli, hanno presentato ricorso al T.A.R. Lazio contro il Ministero della Salute, l’Agenzia Italiana del Farmaco, la società Laboratoire HRA Pharma, la società Aziende Chimiche Riunite Angelini Francesco A.C.R.A.F. S.p.A.
Oggetto del ricorso è «l’annullamento, previa sospensione, della determinazione dell'Agenzia Italiana per il Farmaco V & A 2215 del 17 dicembre 2013, pubblicata per estratto sulla G.U., Serie Generale, n. 28 del 4.2.2014, Supp. Ord. n. 10, di modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso umano “Norlevo” (14A00534), anche con particolare riguardo alla parte in cui si afferma in modo apodittico e indimostrato che il farmaco non può impedire l'impianto nell’utero di un ovulo fecondato, causando l'interruzione della gravidanza, cioè un aborto, provocando la morte dell'embrione».
Sulla Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2014, infatti, è stata pubblicata la revisione del foglietto illustrativo del Norlevo, cancellando l'azione di possibile impedimento dell'impianto dell'embrione. Ora, secondo quel foglietto revisionato dall'AIFA, il Norlevo si limiterebbe a «inibire o ritardare l'ovulazione». A seguito di tale modifica viene di fatto pesantemente aggredito il diritto all’obiezione di coscienza dei medici e dei farmacisti alla prescrizione e alla distribuzione delle “pillole dei giorni dopo”.
Con una forzatura giuridica e scientifica, questi preparati sono stati classificati come “contraccettivi”, quando gli studi onesti e approfonditi hanno dimostrato che essi – oltre ad essere anche rischiosi per la salute della donna – possono avere l'effetto di impedire l'annidamento del concepito, determinandone la morte.
«La sfida dello stato democratico è di mantenere la tensione verso i suoi valori fondamentali nel rispetto del principio di legalità»: così il Comitato Nazionale di Bioetica concludeva il documento del 12.7.2012 sull’obiezione di coscienza, ampiamente valorizzata e sostenuta.
Si sceglie, invece, la strada della verità ufficiale – affermata con la forza delle leggi e dei provvedimenti amministrativi e che, sebbene falsa, non può essere messa in discussione – e con la spinta repressiva verso professionisti sanitari, come i medici e i farmacisti, non solo preparati e aggiornati, non solo attenti al rispetto dei valori espressi dai Codici deontologici, ma anche ubbidienti alla coscienza e non disposti a chiudere gli occhi sulla realtà.
Queste le ragioni che hanno indotto ad adire il Tribunale Amministrativo del Lazio.
IL PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato
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LETTURE PORNOGRAFICHE A SCUOLA: DENUNCIATI GLI INSEGNANTI DEL LICEO CLASSICO GIULIO CESARE DI ROMA
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- Pubblicato Giovedì, 24 Aprile 2014 17:10
COMUNICATO STAMPA 17-2014
L’associazione Giuristi per la Vita e l’associazione Pro Vita Onlus hanno presentato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma una denuncia per i reati previsti e puniti dagli artt. 528 e 609 quinquies del Codice Penale, aggravati ex art. 61, primo comma, n.9 del medesimo Codice, commessi da insegnanti del Liceo Classico Giulio Cesare di Roma.
In attuazione del documento dell’U.N.A.R., Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale, che va sotto il nome di Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015), il quale prevede, tra l’altro, l’«arricchimento delle offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari», alcuni docenti del Liceo Classico Giulio Cesare di Roma, nelle prime classi del ginnasio (frequentate quindi da studenti di età compresa tra i quattordici – e forse qualcuno di tredici – ed i sedici anni), gli allievi sono stati obbligati a leggere un romanzo, a forte impronta omosessualista, dal titolo “Sei come sei” della scrittrice Melania Mazzucco (Edizioni Einaudi), alcuni passi del quale rivelano, in realtà, un chiaro contenuto pornografico.
Uno dei brani contestati, in particolare, è quello contenuto nelle pagine 126 e 127 del citato romanzo, in cui testualmente si legge: «(…) Nessuno avrebbe mai sospettato che quel muscoloso, ruvido, stopper della squadra di calcio dell’oratorio (…) la notte si stancava la mano sulle foto di Jimi Hendrix, Valerij Borzov e Cassius Clay. Pure, benché sapesse che Mariani Andrea non soltanto lo avrebbe respinto ma anche tradito e sputtanato, un pomeriggio, quando dopo la partita indugiò nello spogliatoio e si ritrovò solo con lui, Giose decise di agire – indifferente alle conseguenze. Si inginocchiò, fingendo di cercare l'accappatoio nel borsone, e poi, con un guizzo fulmineo, con una disinvoltura di cui non si immaginava capace, ficcò la testa fra le gambe di Mariani e si infilò l'uccello in bocca. Aveva un odore penetrante di urina, e un sapore dolce. Invece di dargli un pugno in testa, Mariani lasciò fare. Giose lo inghiottì fino all’ultima goccia e sentì il suo sapore in gola per giorni. Il fatto si ripeté altre due volte, innalzandolo a livelli di beatitudine inaudita».
Si tratta di divulgazione di materiale dichiaratamente osceno, che non può non urtare la sensibilità dell’uomo medio, specie se si considera che tale divulgazione era diretta ad un pubblico composto da minorenni.
Il PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato
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