STIAMO IN PIEDI AL FIANCO DI SILVANA!
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- Pubblicato Martedì, 14 Marzo 2017 23:23
di Gianfranco Amato
Ormai non ci stupiamo più di nulla. In un Paese ridotto alla bancarotta politica, economica, culturale e morale, schiacciato dal tallone della feroce dittatura del Pensiero Unico, anestetizzato dalla micidiale propaganda goebellsiana dei mass media, commissariato da una magistratura ideologizzata, politicizzata, e sempre più prona al Potere, può accadere di tutto.
Anche di leggere sul “Il Corriere della Sera” questa notizia: «Finisce sotto indagine la «dottoressa anti gay». Sottotitolo: «Silvana De Mari è indagata dalla Procura di Torino per istigazione all’odio razziale».
Peccato che la dottoressa in questione non abbia ricevuto personalmente la benché minima comunicazione di indagini a suo carico da parte di nessuna autorità, né sia stata identificata dalla Polizia giudiziaria e informata della circostanza. C’è qualcosa di patologico nel fatto che un cittadino apprenda di essere sottoposto ad indagini penali dalle pagine de “Il Corriere della Sera”, insieme ad altri tre milioni di concittadini, tanti essendo all’incirca i lettori di quel quotidiano. Con buona pace della privacy e, soprattutto, del segreto processuale che oggi in Italia è diventato, nel carnevale della giustizia italiana, il segreto di Pulcinella.
Per apparire più credibile – e rendere ancora più intimidatoria la notizia nei confronti dell’interessata – “Il Corriere della Sera” aggiunge qualche dovizia di particolari, come il fatto che «Il fascicolo era arrivato, dopo l’esposto del comitato «Torino pride», direttamente sulla scrivania del procuratore Armando Spataro, che, dopo un’attenta valutazione, lo ha assegnato al gruppo di pm che si occupa dei reati previsti dalla legge Mancino». La dottoressa, infatti, secondo gli informati giornalisti sarebbe indagata dalla Procura di Torino per istigazione all’odio razziale.
Peccato che si tratti di una non-notizia, perché non c’è nessuna indagine in corso. E’ stato semplicemente presentato un esposto e assegnato ad un magistrato il quale dovrà valutare se vi siano estremi per disporre le indagini o per archiviare tutto. Circostanza, peraltro, altamente probabile, anzi quasi certa, giacché in nessuna delle affermazioni rese dalla dottoressa Silvana De Mari può ravvisarsi la benché minima ipotesi di reato. Neppure una larva di reato. La questione, quindi, si potrebbe chiudere qui. Punto.
Qualche riflessione, invece, occorre farla a commento di questa non-notizia.
Il fatto è che Silvana De Mari ha avuto il coraggio, anche attraverso valutazioni di carattere scientifico, di contrastare il Pensiero Unico, di andare contro corrente rispetto al Verbo del politically correct, di sfidare la dittatura dominante, di opporsi alla tracotanza delle lobby gay, di combattere la propaganda del Potere, di avversare il delirio ideologico della pseudo-scienza, di rivendicare l’oggettiva evidenza di ciò che è naturale.
Ecco, perché, quindi deve essere intimidita.
Siamo sempre alla consueta logica maoista del «colpirne uno per educarne cento», fatta propria anche dall’organizzazione terroristica delle Brigate Rosse, il cui copyright, però, non appartiene al noto dittatore cinese. Furono, infatti, i Romani – altra gente che scherzava poco – a coniare l’espressione «unum castigabis, centum emendabis».
E per rendere l’intimidazione contro la dottoressa De Mari ancora più efficace, “Il Corriere della Sera” precisa che «si tratta di un’inchiesta destinata ad ingrandirsi, dopo l’annuncio, arrivato nel pomeriggio di lunedì 13 marzo, che la Città di Torino avvierà analoga iniziativa legale servendosi della sua avvocatura, e che anche la Regione farà la stessa cosa, dopo che il Comitato per i diritti umani ideato ha coinvolto i legali dell’ente. Dunque, tre cause legali contro la gastroenterologa». La dottoressa è avvisata. Si penta immediatamente e chieda scusa. Sarebbe sufficiente un semplice autodafé, una pubblica ammissione di colpa, un plateale pentimento per evitare grane legali. In fondo la tranquillità può ben valere l’umiliazione di un pubblico “mea culpa”, quello che nei campi di rieducazione della Cina maoista si chiama jiǎntǎo (检 讨).
Che “il Corriere della Sera” si presti a questo gioco non stupisce, visto che quel quotidiano rappresenta ormai uno dei principali organi di stampa dell’attuale regime.
Questa volta, però, il Potere ha individuato il bersaglio sbagliato.
Sì, perché la dottoressa De Mari non è certo una persona disposta a farsi intimidire.
E se anche qualche Procuratore della Repubblica intendesse procedere contro di lei – vedremo sulla base di quali imputazioni – la dottoressa sa di poter contare sulla difesa dei Giuristi per la Vita, gli ultimi pretoriani del sacrosanto diritto alla libertà di parola e di opinione nel nostro sciagurato Paese. Silvana De Mari sarà difesa – qualora dovesse rivelarsi necessario – in ogni stato e grado di giudizio, fino alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
C’è, in realtà, un sospetto inquietante dietro a questa strana vicenda.
Nulla mi leva dalla testa che ci sia in atto un’operazione premeditata a tavolino per far riesumare il famigerato disegno di legge “Scalfarotto” in tema di omofobia – un’autentica bestialità giuridica – oggi fortunatamente arenatosi in Commissione Giustizia del Senato perché oggettivamente indifendibile e palesemente incostituzionale.
La vicenda De Mari, all’uopo strumentalizzata, rischia di diventare l’occasione per introdurre definitivamente nel nostro ordinamento giuridico, attraverso il citato ddl, un reato d’opinione.
Così si chiuderebbe il cerchio e la dittatura del Pensiero Unico, da semplice dittatura “culturale”, potrà finalmente assurgere alla dignità di dittatura reale. Con i suoi reati di opinione, i suoi tribunali speciali, le sue condanne penali esemplari, il braccio omofobi nei penitenziari di Stato. Lager e Gulag per gli “omofobi” arriverebbero dopo, nell’ultima fase avanzata del regime, prima del crollo finale. E’ accaduto così per tutte le dittature.
Quello che oggi non possiamo permetterci è di avere paura, di farci intimidire, di essere intimoriti. Di fronte alla dittatura reagire è sempre un dovere morale.
Io concordo pienamente con Silvana De Mari: se il Potere ti da uno schiaffo devi rispondere con tre schiaffi, perché due non bastano.
Qualcuno ci contesta che questo atteggiamento non sarebbe cristiano, perché contraddirebbe l’esortazione evangelica a «porgere l’altra guancia». Qui però dobbiamo capirci, perché se l’espressione viene interpretata come rassegnazione difronte al male o inerte pacifismo, beh allora oggi ci troveremmo al potere ancora il successore di Hitler con il Terzo Reich. Una prospettiva non proprio allettante. O, se vogliamo andare più indietro nella Storia, un’errata interpretazione dell’invito a porgere l’altra guancia avrebbe impedito a San Pio V di convocare la Lega Santa per resistere all’assalto dell’Europa da parte dell’Impero Ottomano nella battaglia di Lepanto. Oggi vivremmo in un Europa musulmana (secondo qualcuno sarebbe stato meglio che vivere nell’attuale Europa, ma questo è un altro discorso).
Credo che il giudizio più interessante sul punto l’abbia dato Padre Robert McTeigue, SJ, un gesuita vero, un autentico figlio ignaziano della Compagnia di Gesù del Maryland, rinomato docente di Filosofia e Teologia a livello mondiale, e noto per le sue lezioni di Retorica ed Etica Medica. Padre Robert si è posto questa domanda retorica: «Come potrebbe essere giusto “porgere l’altra guancia” con passiva indifferenza, quando il sacrilego è scambiato per sacro? Quando la verità lascia il posto alla menzogna? Quando la perversione è scambiata per purezza? Quando l’abominio è scambiato per bellezza? Quando l’intrattenimento è scambiato per adorazione? Quando al posto della sacra tradizione vengono introdotte innovazioni? Quando invece della carità del cuore viene imposta la mano pesante dello Stato? (…) Siamo chiamati all’indifferenza passiva quando la civiltà occidentale, la culla della nostra fede e della ragione, è sotto attacco da nemici secolari, settari e spirituali? Siamo chiamati alla muta arrendevolezza quando viene aggredito l’onore della Sposa di Cristo, la Chiesa?». Evidentemente no.
A proposito di cristiani arrendevoli, vorrei ricordare un episodio del Nuovo Testamento che mi ha sempre colpito. Quando il Sommo Sacerdote Anania ordina di dare uno schiaffo nella bocca di San Paolo, quest’ultimo non resta in silenzio ma reagisce inveendo contro di lui con queste parole: «Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la Legge e contro la Legge comandi di percuotermi?» (Att. 23,3). No, non possiamo restare silenti di fronte all’ingiustizia.
Visto il particolare tempo liturgico che stiamo vivendo, suggerisco di riflettere anche su queste utili considerazioni di Padre Robert: «La Quaresima è un tempo per scoprire se qualcosa, che non è Dio, ha potere su di noi. È un tempo per vedere con chiarezza chi siede sul trono del nostro cuore. È un tempo per verificare se abbiamo l’umiltà, la docilità e la voglia necessaria per “entrare per la porta stretta” (Matteo 7,13), che è l’unica via per il cielo. Miei cari, è ora di svegliarci e renderci conto che siamo in una guerra, e per il momento le cose non sembrano porsi per il verso giusto. Ricordiamoci che San Bernardo predicava che “Dio castiga il bene quando non si lotta contro il male”. Nella Sua misericordia, il Signore ci dà la Quaresima per addestrarci in vista della battaglia, che dobbiamo combattere fino al nostro ultimo respiro». Mi piace concludere con quest’ultima riflessione.