Caccia alle streghe contro gli omofobi

di Gianfranco Amato

Per rendersi conto di quanto siano pericolosi gli interventi legislativi in materia di omofobia, basta attraversare la Manica. In Gran Bretagna aleggia un clima da terreur jacobin, che alimenta la preoccupante escalation di quella che è diventata una vera e propria caccia alle streghe contro chiunque possa anche vagamente apparire in odore di omofobia. Per chi stenta a crederci può leggere un intelligente articolo della nota giornalista conservatrice britannica Melanie Phillips apparso sul Daily Mail del 24 gennaio 2011 che ha parlato del rischio di un nuovo maccartismo delle lobby gay, (Yes, gays have often been the victims of prejudice. But they now risk becoming the new McCarthyites). 

I casi legali relativi a vittime di questa folle caccia all’omofobo che va avanti da anni non sono isolati ed eccezionali. In nome delle famigerate norme con cui si intende combattere il fenomeno omofobico (e che si tenta di importare anche in Italia) si sta realizzando una vera e propria strategia persecutoria.
Fra i tanti, scegliamo un caso simbolo per ciascuno degli ultimi anni.

2009: LA NONNINA INQUISITA

Pauline Howe è un’arzilla nonnina pensionata di 67 anni che ha avuto la malaugurata idea di distribuire volantini a contenuto religioso contro l’omosessualità durante una parata gay il 25 luglio 2009. Immaginabile la reazione dei variopinti manifestanti che, sentitisi offesi, hanno aggredito verbalmente l’anziana pensionata. La signora Howe, ritenendosi vittima di un torto, si rivolge, da brava cittadina, alle autorità pubbliche per far valere i propri diritti e scrive al direttore generale del comune di Norwich, denunciando l’aggressione e restando in fiduciosa attesa che la  giustizia faccia il proprio corso.

Settimane dopo la denuncia, viene presa di soprassalto quando due police officers bussano alla sua porta. Gli agenti spiegano alla sconcertata signora Howe che la lettera da lei scritta rischiava di contenere espressioni omofobiche tali da integrare un ‘hate incident’, ovvero uno di quei casi che debbono essere attentamente indagati. Così, sottopongono la spaventatissima signora Howe ad un interrogatorio di 80 minuti, tanto da meritarsi un titolo ad effetto sul Daily Mail: «The English Inquisition».

Nella lettera contestata, l’ingenua pensionata, dopo aver accennato al fatto che i manifestanti avessero assunto «un atteggiamento verbale aggressivo e violento», ha voluto  incautamente proseguire affermando: «Io ed altri cristiani non intendiamo intrometterci nella privacy delle persone né pretendiamo di impedire comportamenti offensivi nelle abitazioni private. E’ l’esternazione pubblica di una simile indecenza per le strade di Norwich che noi riteniamo offensiva nei confronti di Dio e di molti residenti di Norwich».

La povera signora Howe, poi, ha osato utilizzare, nella prosa imprudente della lettera, espressioni derivate dal linguaggio biblico per descrivere le pratiche omosessuali, spiegando, infine, tutte le esiziali conseguenze di tali pratiche, dalla caduta degli imperi alle infezioni sessualmente trasmissibili. Per questo Pauline Howe riceve una lettera da Bridget Buttinger, vice direttrice generale del Comune di Norwich, con la quale viene avvertita della possibilità che le espressioni da lei utilizzate possano integrare estremi di reato. La zelante funzionaria spiega che l’amministrazione locale ha il dovere, come tutti gli altri enti pubblici, di «eliminare ogni forma di discriminazione». Per tale motivo, precisa alla signora Howe la stessa funzionaria, «il contenuto della lettera è stato ritenuto discriminatorio a causa delle espressioni utilizzate nei confronti di alcune persone per il loro particolare orientamento sessuale», e quindi la stessa lettera è stata «trasmessa all’autorità di polizia». Da qui la sgradita visita dei police officers che, come i due carabinieri di Pinocchio, si erano recati dalla povera signora Howe per notificarle il fatto che lei avrebbe potuto passare da denunciante a denunciata.

Il caso Howe rappresenta un’ottima lezione per tutti i politicanti corretti che nel nostro Paese pretendono di discettare e legiferare sull’omofobia con la grossolanità di chi si ostina a non vedere il rischio che possa essere travalicato il labile confine tra l’offesa ed il diritto alla libertà di espressione e di credo religioso.

2010: PREDICATORE ARRESTATO

Shawn Holes è un quarantasettenne americano, sposato e padre di due figli, che è stato arrestato dalla polizia a Glasgow, processato per direttissima e condannato ad una multa di 1000 sterline. Il reato contestato è quello di «commenti omofobici» con l’aggravante del «pregiudizio religioso».
Ecco quello che è successo.

Holes è uno “street preacher”, ovvero un predicatore di strada, figura familiare nel mondo anglosassone, che ha avuto la malaugurata idea di attraversare l’oceano, con un gruppo di colleghi, per svolgere temporaneamente la propria attività in Scozia.

Il 18 marzo 2010, Holes, secondo la versione dei fatti emersa al processo, stava predicando nel centro di Glasgow, parlando genericamente del cristianesimo e del peccato, quando dalla folla gli è stata posta la questione relativa all’omosessualità. Il predicatore, uomo di esperienza e alquanto cauto, risponde che «chiunque, compresi gli omosessuali, hanno bisogno di accogliere Cristo come il Salvatore». Che la domanda, però, nascesse da una provocazione lo dimostra il fatto che tra la folla vi sono alcuni omosessuali – sei o otto –, i quali, mentre si baciano ostentatamente tra di loro, pongono a Holes la domanda: «Cosa ne pensi di questo?». Di fronte a quell’evidenza il predicatore, pur comprendendo di essere vittima di un agguato, non può fare a meno di rimarcare che «l’omosessualità, secondo la visione cristiana, è un peccato mortale e che il peccatore, in caso di mancato pentimento, è destinato alla dannazione eterna».

Quanto basta per incorrere in seri guai. Dopo poco, infatti, si presentano due poliziotti, i quali riferiscono a Holes di essere stati chiamati da due uomini presenti al discorso, e gli contestano di aver affermato che «gli homos devono andare all’inferno». Holes cerca di spiegare che le cose non erano andate propriamente così. Primo, perché lui non usa e non ha mai usato il termine dispregiativo di “homo”. Secondo, perché la questione dell’inferno era dottrinale e non un’espressione offensiva.  La giustificazione, però, non evita al predicatore di essere arrestato e messo in cella.

Il giorno dopo viene portato davanti al magistrato, lo Sheriff  Rita Rae, per violazione del Criminal Justice (Scotland) Act 2003. In quella sede, scioccato e preoccupato per quanto accadutogli, decide di patteggiare una multa di 1.000 sterline, pur negando fino all’ultimo la propria colpevolezza. Holes, infatti, ha spiegato di non essere una persona facoltosa e quindi di non potersi permettere i costi di un processo, e che, inoltre, doveva urgentemente rientrare negli USA perché il padre era gravemente malato.
Interpellato sul caso, il competente Crown Service – corrispondente circa alla nostra Procura della Repubblica – ha tenuto a precisare, per bocca di un suo portavoce, quell’ufficio «prende sempre in considerazione, con estrema serietà, tutti i crimini derivanti da pregiudizio».

2011: GUAI PER UN BED & BREAKFAST

Peter e Hazelmary Bull sono due anziani coniugi che affittano la propria abitazione secondo il sistema del Bed and Breakfast, molto comune nel Regno Unito. Avendo rifiutato di accettare sotto il proprio tetto una coppia di uomini omosessuali, Martyn Hall e Steven Preddy, i quali pretendevano di dormire in una camera matrimoniale, sono stati condannati dal Giudice Judge Andrew Ruthford al risarcimento danni in favore della strana coppia, per aver infranto l’Equality Act (Sexual Orientation) Regulations, che impone di trattare le coppie omosessuali unite in civil partnership come quelle regolarmente sposate a seguito di matrimonio.

Tutto ciò, nonostante fosse ben chiaramente comunicata la scelta adottata dai coniugi Bull, fin dal 1986, di concedere una camera matrimoniale solo a coppie sposate, indipendentemente dal fatto che fossero eterosessuali od omosessuali. Quella scelta, infatti, nasceva dalle profonde e radicate convinzioni religiose dei Bull. Il 10 febbraio 2012 la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, condannando come gravemente discriminatorio, e lesivo dei diritti della coppia omosessuale, il comportamento dei due anziani gestori del Bed and Breakfast.

2012: PUNITO SUL POSTO DI LAVORO

Adrian Smith è un funzionario della Trafford Housing Trust (THT), una housing company con sede nei pressi di Manchester, il quale, a seguito di un procedimento disciplinare, è stato retrocesso ad una mansione inferiore, ed ha subito una decurtazione del 40% del proprio stipendio, passando da 35.000 a 21.000 sterline. Praticamente una multa di 14.000 sterline applicata ogni anno. L’accusa è quella di “gross misconduct”,  indisciplina talmente grave (come furto o violenza) da giustificare persino il licenziamento in tronco di un dipendente. Smith è stato “graziato” da questa sanzione estrema solo per il suo ottimo curriculum e per il suo impeccabile comportamento tenuto in diciotto anni di onorato lavoro.

Questi i fatti che hanno portato i dirigenti della THT ad assumere un così severo provvedimento disciplinare. Adrian Smith avrebbe rilasciato presunti commenti “omofobici” nella propria pagina di facebook personale. I commenti consistevano, in realtà, nell’obiezione alla pretesa di celebrare i matrimoni omosessuali in chiesa. «Io non capisco», ha scritto Smith, «perché persone che non hanno fede e non credono in Gesù Cristo devono sposarsi in chiesa; le Sacre Scritture sono assolutamente chiare sul fatto che il matrimonio sia l’unione di un uomo e di una donna». Aggiunge persino questa affermazione: «Se lo Stato intende riconoscere il matrimonio civile tra omosessuali, può benissimo farlo, ma non può imporre le proprie regole nei luoghi destinati alla fede ed alla coscienza».

L’errore commesso da Smith, secondo la THT, è quello di aver specificato la propria posizione lavorativa nel suo profilo facebook, e quindi di aver leso gravemente l’immagine dell’organizzazione, associandola a quelle espressioni ritenute di contenuto omofobico. Tra l’altro, il comportamento di Smith sarebbe anche andato contro la policy aziendale della THT ispirata ai concetti di «inclusione e tolleranza» (sic!).

2013: L'INTERROGATORIO DEL PREDICATORE

Per il 2013 è sufficiente leggere l’interrogatorio dello “street preacher” Tony Miano, pubblicato su questo giornale.

Come tutti i frutti velenosi delle degenerazioni ideologiche, anche questa isteria collettiva che tende ad identificare gli omofobi come gli untori manzoniani del XXI secolo, finisce inevitabilmente per tradursi in deprecabili atteggiamenti di intolleranza. E’ così che è sempre accaduto nella Storia ogni volta che i discriminati si sono trasformati in discriminatori.
Quando si leggono storie di cronaca del tipo di quelle sopra narrate non si può non pensare alle parole del presidente americano Roosevelt contenute nel suo celebre messaggio al Congresso del 6 gennaio 1941, noto come il discorso delle “quattro libertà”: «Nel futuro che noi cerchiamo di rendere sicuro, desideriamo ardentemente un mondo fondato su quattro libertà fondamentali dell’uomo. La prima è la libertà di parola e di espressione, ovunque nel mondo. La seconda è la libertà religiosa per qualunque credo, ovunque nel mondo. La terza è la libertà dal bisogno, ovunque nel mondo. La quarta è la libertà dalla paura, ovunque nel mondo».

In quel lontano 1941 Roosevelt, pronunciando quelle parole, pensava alla tragica situazione delle dittature europee, alla Germania nazista ed all’Unione Sovietica comunista. Non avrebbe mai potuto immaginato che le sue parole sarebbero servite anche per l’Europa del 2013.

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