Il Festival biblico e la materializzazione del nulla

di Patrizia Fermani

Al Festival Biblico di Vicenza vanno in scena i tempi moderni.
C'è la opulenta macchina organizzativa, i banchi colmi di pubblicazioni, i padiglioni espositivi, il carnet con tanti personaggi noti al pubblico televisivo, che può vedere materializzata la Cultura, messa a portata di autografo.
Per la Lectio Magistralis di Michela Marzano tutte le numerose sedie sulla loggia esterna della Basilica Palladiana sono occupate per tempo. Dopo qualche inconveniente ai microfoni, il “moderatore” ci introduce al tema in agenda: “La fiducia e la libertà”.
Dei fattori che hanno indubitabilmente disgregato la fiducia, nella società contemporanea, è presto detto: il 68' prometteva bene, ma la decisione dell'America di sganciare il dollaro dalle riserve auree ha fatto esplodere il liberismo e l'individualismo. Così è venuta meno anche quella comunità che si assumeva la responsabilità verso gli altri. Dopo un siffatto concentrato di sapienza geopolitica e antropologica, non gli resta che passare alla speculazione filosofica e dare commosso la parola alla sua “filosofa preferita”. Una che - dice subito senza badare a spese - può essere considerata la nuova Hannah Arendt. La signora su questo sembra essere pienamente d'accordo con lui; d'altra parte, ça va sans dire, non sarebbe elegante sfoggiare una falsa modestia, e alla fine non si può ignorare che fra' Modesto non fu mai priore. Vada dunque per la Arendt, conscia la nostra di non essere di certo una De Monticelli qualsiasi. Anzi, meglio portare subito le pezze di appoggio a sostegno del congruo paragone: tanti libri scritti direttamente in francese, e che poi qualcuno ha tradotto nella attuale versione italiana, quasi sempre insoddisfacente, perché “la traduzione” - ammette di averlo scoperto solo di recente - "è sempre un tradimento”. Con questa parola, lo vedremo subito, siamo già nel cuore del tema che verrà trattato.

“Oggi c'è un clima di sfiducia e paura” motivato dal fatto che la fiducia viene tradita (soprattutto dalla classe dirigente, riconosce la neodeputata assegnata alla commissione Giustizia della Camera). Dunque bisogna assolutamente ricostruirla, questa benedetta fiducia. Come? Prima di rispondere occorre analizzare la cosa in sé, da vicino, in modo filosofico, si intende; non per nulla la Marzano detiene una cattedra nella terra dei lumi. Da un punto di vista formale, secondo la nostra filosofa, la fiducia è necessaria, perché siamo costretti nella vita quotidiana a pensare che la pentola a pressione non esploda e il pargoletto non metta il gatto in lavatrice. Eppure ora siamo bloccati, dice senza ulteriori specificazioni ma lasciando intendere che la gente cucina ormai solo con le pentole tradizionali e lava tutto a mano per non correre rischi. Infatti, sempre dal punto di vista formale, la fiducia è pericolosa, in quanto anche la persona in cui confido può sempre tradirmi.
Con ciò siamo entrati proprio nel cuore vivo della speculazione filosofica della Marzano: poiché l'uomo è un essere finito, non può promettere di non tradire, e se lo fa mente, ergo nessuno può avere fiducia nell'altro. A questo punto i meno accorti si sono chiesti come fare a ritrovare la fiducia che, pure, dovremmo ritrovare a tutti i costi. Ma la filosofa, che a ragione di lì a poco si dirà attratta dall'irrazionalismo, non si lascia intimidire dal principio di non contraddizione, e passa ad illustrare la fiducia dal punto di vista sostanziale: essa “non è stima di sé” e “non può essere assimilata alla fede” nonostante la medesima radice (fides) “perché Dio non tradisce” e la scommessa che c'è sempre nella fiducia è molto minore nella fede. Insomma, anche se non abbiamo imparato che cos'è la fiducia dal punto di vista sostanziale, sappiamo di sicuro ciò che non è, e questo è meglio che niente. Siccome il tempo comincia a stringere e le prove dell'orchestra nella piazza sottostante interferiscono notevolmente, l'esposizione viene completata con alcune illuminanti e puntuali osservazioni, due delle quali ci sembrano particolarmente significative:
1) Caratteristica della società contemporanea è il "contrattualismo". Questo (che a torto qualcuno ha subito confuso con la ben nota dottrina giusnaturalistica) consiste nella moderna mania di regolare tutto per contratto, ed esso si rivela esiziale per la fiducia. Basti pensare alla pratica invalsa negli Stati Uniti di stringere contratti prematrimoniali. “Più si contrattualizza più la fiducia viene perduta” ha osservato Marzano, mentre qualche sprovveduto si chiedeva se non ci fosse di mezzo il vecchio dilemma circa la nascita dell'uovo prima o dopo quella della gallina, e se il pragmatismo yankee non sia perfettamente in linea con la convinzione di Marzano che l'uomo tradisce ed è tradito e di lì non si scappa.
2) L'amore è un antagonista del consumismo. E su questa affermazione ognuno può meditare per conto proprio.
Dunque, inutile dire che gli spunti di riflessione sono stati molti e importanti. Anzitutto, se la fiducia va sconsigliata nonostante sia necessaria per vivere bene - anche al di là del rapporto difficile che la signora sembra intrattenere con il principio di non contraddizione - bisogna riconoscere che è stata messa una pietra definitiva sulla speranza cristiana: infatti nessuno l'ha nominata, anche se si suppone che ad un festival biblico dovesse essere stata invitata magari in virtù della lettura fortuita della “Spe salvi” da parte di qualche organizzatore. D'altra parte si sono perse le tracce anche della libertà che, oltre a comparire nel titolo della Lectio, è stata messa a tema dello stesso Festival biblico. E si capisce. Una volta disegnato con nonchalance dalla nostra relatrice un mondo ineluttabile di traditori e di traditi, sulla libertà cristiana di scegliere il bene e di orientare ad esso la volontà, viene messa un'altra pietra tombale che nessun dei biblisti cattolicissimi ha pensato ovviamente di rimuovere. Anche perché c'è libertà e libertà e quella cristiana non si porta più tanto da quelle parti. Così, quando qualcuno ha provato a far notare alla nostra filosofa che ogni concezione deterministica priva l'uomo della guida di quella retta ragione, che secondo il costante insegnamento di Benedetto XVI si coniuga strettamente anche con la fede, lei risponde piccata di avere sempre respinto perché antiumana la razionalità calcolante e di preferire per questo l'irrazionalità. Con buona pace di Benedetto XVI che, come è noto lippis et tonsoribus, si è sempre appellato alla retta ragione proprio in opposizione alla razionalità calcolante della modernità scientista.
Quando poi qualche cattolico fuori moda, subito bollato giustamente dalla folla inferocita come fondamentalista, le chiede conto di tante affermazioni convintamente abortiste sparse nelle sue varie pubblicazioni, e che, secondo lui, dovrebbero farla sentire fuori posto in un festival biblico, tutti insorgono: signore compassionevoli manifestano i sensi della più profonda e sentita comprensione per la pensatrice; molti inveiscono; il monsignore che presiede il Festival protesta perché una critica di tal fatta impedisce il pluralismo a cui era stato consacrato l'evento. Di fronte ad una logica così stringente e alla voce che si leva vibrante dal popolo cattolico per ricordare che i morti in guerra sono ben più numerosi di quelli morti per aborto, si capisce che il festival ha dato i frutti sperati: ha messo al centro la libertà, ha incoraggiato la libertà delle parole, e su tutto ha trionfato, inattaccabile, quella delle parole in libertà.

 

Fonte: "Cultura Cattolica.it" del 12 giugno 2013

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