IN #MORTE DI SUSHMA PANDEY

di Gianfranco Amato

"Nessuno ha pagato (e nessuno pagherà) per la morte di questa adolescente. Per di più i responsabili della clinica se la sono cavata dichiarando che è stata la ragazza a fornire documenti falsi e a non dichiarare la sua minore età. Devono essere convinti che le stimolazioni ormonali danneggino sì le ragazzine, ma facciano invece bene alle maggiorenni"

 

Il mio tour nazionale di conferenze mi ha portato venerdì scorso a Cesena, presso la sala teatro parrocchiale di San Carlo. Si trattava di un’iniziativa promossa dalla pastorale Valle Savio Dismano e dalla Scuola per la famiglia della parrocchia di San Carlo. I duecentocinquanta posti a sedere del teatro non sono riusciti a contenere tutti i circa trecentocinquanta partecipanti, molti dei quali sono stati costretti a restare in piedi (i più anziani) o addirittura seduti per terra (i più giovani).

È stato uno degli incontri più appassionatamente partecipati che io abbia finora tenuto, a cui però è seguita, purtroppo, un’inutile nota polemica. In cauda venenum, a convegno concluso, fuori dalla sala del teatro, esponenti dell’Arcigay “Alan Turing” di Rimini e dell’associazione LGBTQIE* Rimbaud di Cesena mi hanno accusato di fare “disinformazione ideologica” (sic!) sulla fecondazione eterologa per i gay, in quanto non sarebbe vero che in India le donne si presterebbero a questo mercimonio, e che, comunque, non avrei dovuto usare termini come “schiavitù”, perché, se anche fossero state vere le mie illazioni, quelle indiane non sarebbero “costrette” a vendere ovociti e praticare l’utero in affitto: si tratterebbe, in ogni caso, di una libera scelta che la donna fa del proprio corpo.

 

Mi spiace per l’Arcigay “Alan Turing” di Rimini e per l’associazione LGBTQIE* Rimbaud di Cesena, ma lo squallido commercio di ovociti e maternità surrogata in India è, purtroppo, un dato di fatto acclarato e documentato. Tra l’altro, una nota trasmissione televisiva d’inchiesta uscirà a breve con una puntata proprio sul tema, con un’intervista resa a diverse donne indiane di un villaggio noto per fornire un nutrito plotone di “surrogate mother”.

Torniamo a Cesena. Visto che ero nella rossa terra di Romagna, a me sarebbe piaciuto incontrare un comunista. Ma un comunista vero (oggi pressoché introvabile). Gli avrei chiesto: «Compagno, ma cosa ne pensi della storia di Sushma Pandey, la diciasettenne indiana morta a causa della stimolazione ovarica alla quale si era sottoposta per la terza volta in diciotto mesi nella clinica Rotunda Center for Human Reproduction di Mumbai, struttura d’eccellenza per i traffici legati alla fecondazione in vitro?». 

Ecco cosa è accaduto a quella disgraziata adolescente. La diciasettenne Sushma era poverissima e lavorava per poche rupie in un deposito di rottami. La disperazione e la fame l’hanno costretta a mentire sull’età per poter vendere i propri ovociti nella clinica degli orrori di Mumbai. Il colmo è che alla morte si è unita la beffa: nessuno ha pagato per il decesso di questa disperata minorenne. Il Rotunda Center for Human Reproduction infatti, se l’è cavata sostenendo che la ragazza aveva presentato falsi documenti di identità, dai quali risultava maggiorenne, mentre sono scomparsi nel nulla i “mediatori” – due uomini e una donna – che per tutti i tre cicli di trattamento, avevano accompagnato Sushma in clinica.

C’est la vie! I ricchi e i potenti vincono sempre sui poveri e gli oppressi. Sarebbe stato davvero interessante conoscere l’opinione del nostro fantomatico compagno romagnolo su questa moderna “catena di montaggio” dove minorenni, per fame, non esitano a mettere a rischio la propria vita. Però è davvero difficile trovare un comunista vero, non uno da salotto come Nichi Vendola, che con il suo linguaggio barocco e involuto, rivendica il “diritto” alla provetta eterologa per le coppie gay, o come Monica Cerutti, Assessora comunista alla Pari Opportunità della Regione Piemonte.

Sì, proprio quella che ha dichiarato che «legare i figli delle coppie omosessuali, se avuti con la fecondazione assistita, allo sfruttamento delle donne, nel caso si tratti di persone non abbienti, donatrici di ovociti, è francamente un’aberrazione», e «affermare che il riconoscimento di diritti agli omosessuali avviene a danno delle donne è una bieca strumentalizzazione, frutto di una concezione malata della fecondazione assistita».

Cara Monica, io sarò anche “malato”, un “bieco strumentalizzatore”, uno che ha idee “aberranti”, ma tu non puoi nascondere la coscienza dietro la maschera di bronzo dellatua cinica ideologia.

Tu devi avere il coraggio di guardare negli occhi una disperata minorenne che muore per il “desiderio”, anzi il capriccio, di ricchi occidentali. Tu devi avere il coraggio di guardare negli occhi tutte le Sushma Pandey che per fame sono costrette a mettere a repentaglio prima la loro dignità e poi la loro stessa vita.Monica, esci dalle sale damascate di Palazzo Lascaris e fatti un giro in India.


Pubblicato su "La Croce Quotidiano" del 27 gennaio 2015


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