LA DIFESA DELLA POSIZIONE DEL SINDACO CECCARDI: INTERVISTA ALL’AVVOCATO GIANFRANCO AMATO
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- Pubblicato Domenica, 14 Agosto 2016 11:58
L’amministrazione del comune di Cascina guidata dal sindaco Susanna Ceccardi affila le armi in attesa degli sviluppi della vicenda scatenata dalla dichiarazione rilasciata dallo stesso sindaco riguardante il “rifiuto” di celebrare matrimoni fra persone dello stesso sesso o fra coppie di fatto per una questione puramente etica, morale e contro natura.
Pronta la risposta del sindaco in merito all’esposto del GAY CENTER – citato da un sito vicino al PD cascinese – che accuserebbe la Ceccardi di “violazione della legge sulle unioni civili e atti discriminatori”.
Questa l’intervista all’AVVOCATO GIANFRANCO AMATO, presidente nazionale dei “GIURISTI PER LA VITA”, chiamato allo studio di una strategia legale e prontamente resosi disponibile in maniera totalmente gratuita e volontaria ad assumersi questo compito.
DOMANDA: La legge 76/2006 sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso NON prevede l’obiezione di coscienza, com’è quindi giuridicamente possibile che un sindaco si rifiuti di celebrare una simile unione?
AVV. AMATO: Si tratta di sostenere l’interpretazione in senso costituzionalmente orientato della normativa, ricordando quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 467 del 1991, che intervenne sulla disciplina dell’obiezione di coscienza al servizio militare, allora obbligatorio. Come ha recentemente dichiarato Antonio Baldassarre, Presidente emerito della Corte Costituzionale, «la sentenza n. 467 del 1991 della Consulta afferma una tutela della coscienza individuale quando sono in gioco valori morali importanti», come quelli interessati dalla legge Cirinnà «che ha un carattere sostanziale per la nostra società». E proprio per questi motivi il Presidente Baldassarre ritiene che «l’obiezione di coscienza possa essere esercitata da un pubblico ufficiale quando a questi sia richiesto di celebrare unioni civili tra due persone dello stesso sesso».
DOMANDA: Ma, esercitando un simile diritto all’obiezione di coscienza, non si rischia di violare dei diritti riconosciuti dalla costituzione ?
AVV. AMATO: Assolutamente no, al contrario. Si tratta di garantire il nucleo essenziale di uno o più diritti inviolabili dell’uomo, quale, ad esempio, la libertà di manifestazione dei propri convincimenti morali o filosofici (art. 21 della Costituzione) o della propria fede religiosa (art. 19 della Costituzione).
DOMANDA: Un sindaco può però evitare di celebrare le unioni civili, delegando un funzionario comunale. Perché non ricorrere a questo “escamotage” ?
AVV. AMATO: Un sindaco può legittimamente ritenere che anche la sottoscrizione di una simile delega possa integrare un atto contrario ai propri principi morali. Un Sindaco che non intendesse partecipare, neppure indirettamente, ad un provvedimento finalizzato alla celebrazione di un’unione ex Legge 76/2016, o che intendesse sollevare la questione della (grave) mancanza nella legge della previsione dell’obiezione di coscienza, potrebbe evitare di delegare un funzionario comunale e rifiutarsi poi di ricevere le dichiarazioni finalizzate alla costituzione dell’unione civile.
In questa ipotesi si prospettano due scenari: a) il Prefetto potrebbe adottare l’atto in via sostituiva, ai sensi dell’art.54, comma 11, TUEL (testo unico enti locali), a fronte dell’inerzia del Sindaco, quale ufficiale dello stato civile; b) gli interessati potrebbero proporre un’azione giudiziaria, di fronte al TAR o al Tribunale ordinario (a seconda della prospettazione difensiva) e il Sindaco potrebbe eccepire in quella sede l’incostituzionalità della legge n.76 del 2016, nella parte in cui non prevede l’obiezione di coscienza. Al di là degli effetti che questa seconda può sortire, ma avrebbe il pregio di sollevare il caso e di aprire un dibattito politico sul diritto di rifiutare il compimento di atti contrari alla propria coscienza.
DOMANDA: Ma tutto questo non rischia di creare dei disagi nei cittadini che intendono avvalersi della Legge 76/2016?
AVV. AMATO: Il disagio per gli utenti è determinato dalla mancata previsione della possibilità di esercitare il diritto all’obiezione di coscienza. Se la legge avesse previsto tale diritto (come richiesto da già parti) avrebbe anche disciplinato come tale diritto si sarebbe potuto esercitare senza incidere sul buon andamento della pubblica amministrazione e senza creare i disagi lamentati.
DOMANDA: Eppure ci sono tante persone che attendono di poter celebrare un’unione civile…
AVV. AMATO: Sì ma ci sono molte più persone – non solo amministratori, politici, giuristi e operatori del settore –, che hanno chiesto al legislatore di inserire la clausola dell’obiezione di coscienza, come è stato fatto, ad esempio, per la Legge 194/1978 in tema di aborto. Purtroppo il legislatore è rimasto sordo rispetto a questa istanza, preferendo assumere un atteggiamento ideologico improntato alla mera logica del consenso mediatico.
Pubblicato sull'Eco del Monte e del Padule del 9 agosto 2016