DALL'8 GENNAIO 2014 IN VENDITA IL NUOVO LIBRO DI GIANFRANCO AMATO: "OMOFOBIA O ETEROFOBIA ? - Perchè opporsi a una legge ingiusta e liberticida"
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- Pubblicato Venerdì, 03 Gennaio 2014 23:23
E se cognoscerete e sarete amatori della verità, non vi daranno timore le pene.
Ma se non fuste in questo dulce e suave amore della verità, l’ombra vostra vi farebbe paura.
(S. Caterina da Siena)
Dall'8 gennaio prossimo sarà in vendita il nuovo libro di Gianfranco Amato "OMOFOBIA O ETEROFOBIA? - PERCHE' OPPORSI A UNA LEGGE INGIUSTA E LIBERTICIDA", Collana CulturaCattolica.it, Edizioni Fede & Cultura, Verona
La prefazione è di S.E. Mons. Luigi Negri Arcivescovo di Ferrara e Comacchio - Abate di Pomposa, mentre l'introduzione è di Don Gabriele Mangiarotti, Direttore di CulturaCattolica.it, che potrete leggere entrambe qui sotto.
Chi desidera acquistare il libro:
- deve mandare una mail all'Autore Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. , specificando numero copie e indirizzo a cui spedire. Riceverà una richiesta di pagamento paypal con carta di credito. Prezzo 18,00 euro spese di spedizione comprese;
- oppure può rivolgersi direttamente all'Editore Fede & Cultura
PREFAZIONE
In questo suo ultimo interessante lavoro l’amico Gianfranco Amato rende giustizia, con il piglio coraggioso che lo contraddistingue, alla verità dei fatti, offrendoci una ricostruzione dettagliata e documentata di quanto avvenuto attorno alla vicenda della controversa proposta di legge sull’omofobia. In questa sua opera emerge chiaro e forte il grido di allarme per i rischi che comporta un intervento normativo in quella delicata materia. Una vera e propria emergenza democratica, dal momento che in gioco vi sono i diritti costituzionali della libera manifestazione del pensiero e della libertà religiosa.
Come ho avuto modo di dire, la libertà di coscienza, con la conseguente libertà di opinione, di scelte culturali e religiose, costituisce la base di quella sana laicità che l’Occidente ha recuperato dopo secoli di fatiche, di tensioni e di violenze, grazie anche al contributo della grande tradizione di vita e magisteriale della Chiesa cattolica. Oggi su questa sana laicità del nostro popolo e della nostra società incombe un pericolo gravissimo.
Una campagna mediatica potente e ben orchestrata tenta, infatti, di indurre l’opinione pubblica a credere che esista nel nostro Paese un grave ed allarmante fenomeno di discriminazione basato sull’orientamento sessuale, talmente diffuso da imporre ferree ed esemplari misure legislative per contrastarlo. Tutto ciò, nonostante i dati oggettivi dicano il contrario, e nonostante sia in corso una pervasiva campagna propagandistica a favore dell’ideologia pansessualista, che riesce ad infilarsi persino nell’intimità familiare degli italiani attraverso il potente mezzo televisivo.
La legge in discussione in parlamento, come evidenzia bene Amato, contiene seri profili di incostituzionalità e, soprattutto, mette a rischio la libertà di opinione di coloro che si oppongono al matrimonio tra persone dello stesso sesso, all’adozione di minori da parte di coppie omosessuali, o che ritengono l’omosessualità una «grave depravazione», citando le Sacre Scritture (Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10), o dichiarano che gli atti compiuti dagli omosessuali siano «intrinsecamente disordinati», e «contrari alla legge naturale», poiché «precludono all’atto sessuale il dono della vita e non costituiscono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale» (art. 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica).
Si profila quindi per la prima volta, a più di settant’anni dalla fine del regime fascista, il reato di opinione, cifra identificativa dei tempi torbidi delle ideologie statali, che parevano definitivamente consegnati alla Storia.
L’impianto ideologico dell’intervento normativo in discussione al parlamento italiano è poi reso evidente da un fatto oggettivo: gli omosessuali ed i transessuali godono già di tutti gli ampi strumenti che l’ordinamento giuridico mette a loro disposizione, dal codice penale a quello civile, per difendere la propria dignità personale e tutelarsi da forme di ingiusta discriminazione, già peraltro vietate dall’art. 3 della nostra Costituzione, il quale sancisce che tutti i cittadini – a prescindere dal proprio orientamento sessuale – «hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Il rischio – spiega bene Gianfranco Amato – è semmai quello di un intervento ideologico ed invasivo dello Stato nell’educazione dei giovani (particolarmente in ambito sessuale), attraverso il recepimento di raccomandazioni e regolamenti che giungono dalle istituzioni comunitarie ed internazionali, a forte impronta omosessualista. Come ricordava Benedetto XVI in quello splendido documento che va sotto il nome di Caritas in Veritate, «la Chiesa, che ha a cuore il vero sviluppo dell’uomo, gli raccomanda il pieno rispetto dei valori umani anche nell’esercizio della sessualità», che «non può ridursi a mero fatto edonistico e ludico, così come l’educazione sessuale non si può ridurre a un’istruzione tecnica, con l’unica preoccupazione di difendere gli interessati da eventuali contagi o dal “rischio” procreativo». Perciò il Santo Padre esortava ad «opporre la competenza primaria delle famiglie in questo campo, rispetto allo Stato e alle sue politiche restrittive» (n. 44).
La Chiesa parla della natura dell’essere umano come uomo e donna, e chiede che quest’ordine della creazione venga rispettato, perché in caso contrario, si assisterebbe all’autodistruzione dell’uomo e quindi alla distruzione dell’opera stessa di Dio.
Come ricordava ancora Benedetto XVI nel discorso tenuto il 22 dicembre 2008 in occasione degli auguri natalizi alla Curia romana, «ciò che spesso viene espresso ed inteso con il termine “gender”, si risolve in definitiva nell’autoemancipazione dell’uomo dal creato e dal Creatore», proprio perché «l’uomo vuole farsi da solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda», anche se «in questo modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito creatore». Aggiungeva il Papa, con un’efficace metafora, che «le foreste tropicali meritano, sì, la nostra protezione, ma non la merita meno l’uomo come creatura, nella quale è iscritto un messaggio che non significa contraddizione della nostra libertà, ma la sua condizione».
Oggi assistiamo al tentativo di una vera e propria rivoluzione antropologica. E noi come vescovi, come Chiesa, non possiamo assistere passivamente alla tragedia che ci è di fronte.
Come ho recentemente affermato, il reiterato silenzio della Chiesa nei confronti di questa rivoluzione in atto ci renderà, nel giudizio degli storici futuri, in qualche modo conniventi. Questa è una grave eventualità: una Chiesa che vuole essere presente nel paese, e che aveva ricevuto da Benedetto XVI nell’indimenticabile convegno di Verona il compito di custodire e sviluppare la cultura del nostro popolo, che contiene anche una energia di civilizzazione, credo che debba chiedersi se è all’altezza del compito che la base popolare e la suprema Autorità della Chiesa ci consegnano.
Mons. Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara - Comacchio
Abate di Pomposa
INTRODUZIONE
«Homo sum, humani nihil a me alienum puto». Così il filosofo romano Marco Terenzio Varone definiva la sua umanità. E anche noi di CulturaCattolica.it, proprio perché consapevoli che nulla di quanto riguarda l’uomo ci può esssere estraneo, abbiamo deciso di intraprendere la difficile battaglia contro la legge sull’omofobia. In nome della libertà. Sappiamo bene che è in atto un tentativo di rivoluzione antropologica, che parte dalla educazione e che vuole impostare i criteri dell’umano cancellando l’idea della sua creaturalità. Come se l’uomo fosse un progetto disponibile a capriccio del potere e del singolo individuo, come dimostra l’atteggiamento nei confronti degli esseri umani più deboli, quando la vita non voluta viene con tanta facilità scartata, e la sua soppressione da delitto diventa diritto.
In questo tenace impegno in difesa dell’uomo e della sua immensa dignità abbiamo fatto l’esperienza di una sinergia e di una fattiva collaborazione tra molte realtà, sia cattoliche che laiche, partendo dall’esperienza della ragione umana. Una rete reale e virtuale che diventa, in questo mondo della comunicazione di massa, una efficace possibilità di incidenza, la cui vera forza sta nell’unità, e che ha come alleato il cuore dell’uomo. Non basterebbero le pagine di un libro per dare ragione di tutti coloro che, a partire dalle nostre iniziative, ci hanno scritto, colmi di gratitudine e rianimati nell’impegno.
Ed è pur vero che a volte ci sorprende la nostra fragilità di fronte all’imponenza delle forze dell’avversario, al punto di farci pensare alla lotta di Davide contro il Golia della informazione, dei vari poteri, delle organizzatissime lobby (e ci ha sorpreso quando Papa Francesco ne ha parlato denunciando l’esistenza di «lobby gay», come non ci ha lasciato indifferenti la coltre di silenzio che ha poi sommerso le sue considerazioni). Radio, televisione, fiction, Internet in tutte le varie modalità (dai blog alle testate on line a twitter) sembrano parlare un solo linguaggio, un po’ come nel racconto della Torre di Babele o – più semplicemente – nella fiaba di Andersen I vestiti dell’imperatore. Ma, come in quella fiaba, forse il nostro fragile grido «il re è nudo» potrà smascherare la menzogna collettiva.
E la nudità del re è la menzogna sulla vita, sulla famiglia, sulla sessualità, sulla nascita e sulla morte: insomma, è una menzogna sull’uomo che lo porta alla disperazione e alla violenza, ed è soprattutto una menzogna che si impadronisce dei mezzi di una presunta legalità per silenziare le voci discordanti. «Desertum fecerunt et pacem appellaverunt». Questa citazione tacitiana sembra la definizione più adeguata per descrivere quanto sta accadendo attorno a noi. Per l’amore che portiamo alla vita, noi non possiamo tacere. In questo sentiamo con molta partecipazione come nostro quello che Italo Calvino diceva ne Le città invisibili: «L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».
Oggi quello che sta accadendo – spesso colla connivenza di molti – è qualcosa che non ha paragone nella storia, se non nelle epoche buie dei totalitarismi sanguinari e violenti. Si sta tentando di imbavagliare la libertà di espressione (a tutti i livelli, compresa la libertà di stampa), e sembra che più nessuno sia capace di reagire. L’UNAR – come si leggerà nelle pagine di questo saggio – ha pubblicato un documento che sembra uscito dagli uffici del KGB o dalle ordinanze del MINCULPOP, e tutto sembra passare come ovvia e ordinaria amministrazione. È un mondo paralizzato dalla Medusa, e non c’è più neppure un sussulto di protesta, non ci si «indigna» più, si accetta tutto, rassegnati. Le oscure rappresentazioni del futuro narrate nei romanzi distopici sembra che abbiano proprio nella nostra epoca la piena realizzazione. Romanzi come Il padrone del mondo di Benson, 1984 di Orwell o Il racconto dell’Anticristo di Solov’ëv sembrano descrivere una cronaca quotidiana.
Lenin si chiedeva: «Che fare?», e noi abbiamo la risposta nelle parole di nostro Signore: «praedicate super tecta!», siano pure i tetti di Internet, i libri di CulturaCattolica.it o le iniziative e gli incontri dei Giuristi per la vita!
don Gabriele Mangiarotti
Direttore di CulturaCattolica.it