TRE GENITORI LEGALI: POLIGAMIA IN CALIFORNIA
di Tommaso Scandroglio
Tre è il numero perfetto. Deve forse aver pensato questo il governatore democratico della California Jerry Brown quando settimana scorsa ha firmato una legge che permette di riconoscere la potestà di tre e più genitori su un unico bambino. La legge nasce dalle situazioni strampalate poste in essere dalle relazioni omosessuali. Infatti la norma viene in aiuto a quei padri biologici che hanno donato il proprio seme al fine di permettere a coppie omosessuali di accedere alla fecondazione eterologa ma che, fino a ieri, non potevano avanzare nessuna pretesa di riconoscimento su quel figlio della provetta. Nel 2011 la Corte suprema aveva dovuto occuparsi del caso di una coppia di lesbiche che dopo aver avuto il loro bebè con l’eterologa si erano lasciate in modo burrascoso. L’una era finita dietro le sbarre, l’altra in ospedale. A chi dare il bambino? Si era rifatto vivo il padre biologico, cioè il donatore di sperma, ma senza risultati: il piccolo fu affidato alle cure di una nuova famiglia.
Il governatore Brown invece pare che abbia scoperto l’uovo di Colombo: per evitare che il figlio dell’eterologa venga sottratto alle coppie omosessuali e per non scontentare nessuno, affidiamolo a tutti e tre. «Alla corte serve la capacità di riconoscere questi cambiamenti – ha commentato Mark Leno, senatore democratico omosessuale - affinché i bambini possano essere supportati da quegli adulti che giocano un ruolo centrale nell’amare e prendersi cura di loro. È importante che i giudici abbiano la capacità di apprezzare il ruolo di tutti i genitori». Una legge che risponde alle “modifiche della struttura familiare” e che viene incontro al benessere dei pargoli anche qualora uno dei genitori decidesse di lasciare gli altri: più scialuppe di salvataggio ci sono meglio è.
UN CURATORE PER 9 EMBRIONI CONGELATI - REPLICA DEI GpV ALL'ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI
COMUNICATO STAMPA 12-2013
Filomena Gallo e Gianni Baldini, rispettivamente Segretario dell’Associazione Luca Coscioni e legale della coppia e Docente di Biodiritto Università di Firenze, hanno rilasciato la seguente dichiarazione:
«Gianfranco Amato, avvocato e presidente dell'associazione Giuristi per la vita, ha depositato un'istanza al presidente della Corte Costituzionale per ottenere la nomina di un curatore speciale per 9 embrioni congelati creati nell'ambito di un procedimento di procreazione assistita al centro Demetra di Firenze.
L’iniziativa intrapresa sarebbe da non commentare per la sua assurdità ma è bene ricordare ai lettori di qualche giornale cattolico che in Italia abbiamo delle leggi che vanno rispettate e che nessuna fantasia può pretendere di bypassare.
Nel nostro ordinamento l’unico soggetto minore oggetto di tutela è il nato secondo l’art. 1 del Codice Civile. In Diritto non esiste nessuna norma che prevede il curatore di embrioni crioconservati e non trasferiti in utero. Troviamo la figura del Curator ventris che era un arcaico istituto, mutuato dal diritto romano; questa figura veniva nominata dal Tribunale in caso di morte del marito, per tutelare gli interessi del concepito e per amministrare i suoi beni. Tale istituto è stato abrogato dalla legge di riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975, n. 151).
Occorre precisare che gli embrioni, oggetto di tale fantasiosa richiesta, sono crioconservati e tutelati a Firenze e sono di proprietà di una coppia; inoltre pende un procedimento per la verifica di costituzionalità della Legge 40, nella parte che riguarda la revoca del consenso e l’utilizzo per la ricerca di embrioni che non potranno determinare una gravidanza ma che potrebbero essere utili per la ricerca per trovare cure per malattie incurabili che determinano morte certa di tanti malati».
Ci spiace che due colleghi abbiano voluto cedere alla tentazione di una reazione stizzita e livorosa su una così delicata questione. Ora, al netto degli insulti e delle offese personali – indice comunque di un’attitudine poco civile al confronto – le dichiarazioni rassegnate nel comunicato meritano di essere commentante, anche per l’interessante arrière-pensée che riescono a mostrare.
IN DIFESA DEI DIRITTI DEGLI EMBRIONI
di Gianfranco Amato
Pende davanti alla Corte Costituzionale un giudizio di costituzionalità della Legge 40, instaurato a seguito dell’ordinanza n.166/2012 del Tribunale di Firenze, al quale si è rivolta una coppia che, dopo essere ricorsa al Centro di fecondazione assistita “Demetra” S.r.l., ha chiesto che venisse accertata la piena validità ed efficacia della revoca del consenso al trasferimento in utero degli embrioni soprannumerari malati o non biopsabili, nonché il diritto di poter utilizzare gli embrioni soprannumerari per fini di ricerca scientifica e biomedica.
Si tratta dell’ennesimo assalto, per via giudiziaria, ai divieti posti dalla nota legge sulla procreazione medicalmente assistita. Questa volta, però, un piccolo particolare rende il caso inedito: gli embrioni sono tutti vivi e, secondo quanto dispone la stessa Legge 40, soggetti di diritti. Per la prima volta, infatti, si è difronte ad una controversia legale sulla delicata materia, dopo la produzione degli embrioni, e quando, come si è detto, essi sono ancora in vita. In effetti, in tutte le cause precedentemente instaurate, la domanda e la contestazione, sotto diversi profili, della legittimità costituzionale della Legge 40 del 2004, sono sempre state proposte da coppie che non avevano ancora prodotto gli embrioni, e che chiedevano di produrli in numero superiore a tre (domanda oggetto, ad esempio, della sentenza n. 151 del 2009 della Corte Costituzionale), oppure mediante ricorso a tecniche di fecondazione eterologa. Nel caso dell’ordinanza n.166/2012 del Tribunale di Firenze, oggetto del giudizio della Corte Costituzionale, si è, quindi, di fronte ad un evidente conflitto di interessi tra i genitori ed il concepito.
È per questo motivo che, lo scorso 4 ottobre 2013, l’associazione Giuristi per la Vita, che ho l’onore di presiedere, ha inoltrato al Presidente della Corte Costituzionale, un’istanza per la nomina di un curatore speciale degli embrioni coinvolti nel giudizio dell’ordinanza n.166/2012, al fine di garantire il sacrosanto principio sancito dal dettato dell’art. 111, secondo comma, Cost., il quale impone che ogni processo si debba svolgere «nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti a giudice terzo e imparziale». Visto che si discute della loro soppressione, gli embrioni hanno diritto ad una piena tutela della propria posizione giuridica, atteso, peraltro, lo status riconosciutogli dalla vigente normativa in materia. L’articolo 1, primo comma, della legge 19 febbraio 2004 n. 40, infatti, recita espressamente: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito». L’ultimo passo del comma citato manifesta con assoluta chiarezza la volontà del legislatore: quella di considerare il concepito un soggetto, in quanto coinvolto nelle procedure di procreazione medicalmente assistita, e di riconoscergli dei diritti, non una generica tutela. Detti diritti, infatti, devono essere assicurati anche al concepito (così come agli altri soggetti coinvolti), espressione, quest’ultima, che fa evidente riferimento a mezzi giuridicamente efficaci per permettere ai soggetti di far valere i diritti loro riconosciuti.
ISTANZA ALLA CORTE COSTITUZIONALE PER LA NOMINA DI UN CURATORE PER 9 EMBRIONI
Comunicato stampa 11-2013
Il 4 ottobre 2013, il Presidente dei Giuristi per la Vita, avv. Gianfranco Amato, ha presentato al Presidente della Corte Costituzionale un’istanza con cui chiede la nomina di un curatore speciale per la difesa di nove embrioni, attualmente congelati e custoditi presso un centro per la fertilità di Firenze.
Gli embrioni sono stati prodotti con la fecondazione in vitro insieme ad un decimo, già morto, approfittando dell'eliminazione del divieto di produrre più di tre embrioni per ogni ciclo, da una coppia della quale un componente è affetto da patologia genetica; cinque di essi sono risultati affetti da quella patologia, mentre la condizione degli altri quattro è rimasta ignota. La coppia ha chiesto al Tribunale di Firenze di sancire il diritto della donna a rifiutare l'impianto di quei nove embrioni e di autorizzarla a produrre altri embrioni; inoltre ha chiesto di affermare il diritto dei genitori a destinare i nove embrioni alla ricerca scientifica indirizzata alla cura della patologia genetica da cui sono affetti.
Il Tribunale di Firenze, nel sollevare la questione di costituzionalità, sostiene che la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale è illegittima perché non permette alla coppia di revocare il consenso al trattamento dopo che il concepimento è avvenuto e non permette di destinare gli embrioni non utilizzati alla ricerca scientifica.
L'ordinanza del Giudice di Firenze mira a “chiudere il cerchio” aperto da quelle emesse da altri giudici civili: ottenuta l'autorizzazione a creare più di tre embrioni per ogni ciclo, se ne producono nel numero più alto possibile, si sottopongono alla diagnosi genetica preimpianto, si selezionano e di essi si fa quello che più interessa: si possono utilizzare per instaurare una gravidanza (altri giudici cercano, nel frattempo, di abbattere il divieto di fecondazione eterologa), ma anche per la “ricerca scientifica”, espressione niente affatto specificata ma che contempla con assoluta certezza il risultato finale della morte dell'embrione, congelato, sezionato, “dissolto”, ma anche sottoposto alle sperimentazioni più varie (possiamo dimenticare che, in altri paesi, alcuni "ricercatori" sono giunti ad impiantare embrioni umani nell'utero di scimmie?); utilizzati gli embrioni creati in un ciclo, se ne potranno produrre altri – perché si sa, la ricerca scientifica cerca sempre nuovo “materiale”.
Caso Shepard, una bufala contro l'omofobia
di Gianfranco Amato
Quattro mesi fa, uno dei più autorevoli e accreditati istituti americani d’indagine demoscopica, il Pew Research Center di Washington (l’attuale presidente è Allan Murray ex vicedirettore del Wall Street Journal) ha pubblicato uno studio intitolato “A Global Divide On Homosexuality” contenente i risultati di un sondaggio sull’atteggiamento verso l’omosessualità nelle principali aree geografiche del mondo. Il dato davvero interessante è che l’Italia, secondo quello studio, si colloca nella top ten, tra le dieci nazioni più gay friendly a livello mondiale, con il 74 per cento della popolazione che dichiara la propria non ostilità all’omosessualità, ed un 18 per cento che, invece, professa la propria contrarietà. Il nostro Paese si colloca un gradino sotto la liberalissima Gran Bretagna (76% a favore e 18% contro), anch’essa appena sotto la laicissima Francia (77% a favore e 22%).
La percentuale italiana è esattamente opposta a quella russa che, con il 74 per cento della popolazione ostile all’omosessualità e solo il 16% tollerante, si conquista la maglia nera d’Europa. Quanto poi il clima italiano sia davvero gay friendly almeno in politica, lo dimostra anche un dato incontrovertibile. Nel mezzogiorno del nostro Paese, che l’immaginario collettivo dipinge come una terra culturalmente arretrata e sacca della più becera omofobia, ben due Presidenti delle due più importanti regioni, la Sicilia e la Puglia, sono omosessuali dichiarati e pubblicamente conviventi con i rispettivi partner. La circostanza, com’è noto, non ha impedito loro una brillante carriera culminata con l’elezione diretta da parte dei cittadini.
LEGGE OMOFOBIA, A CHE PUNTO SIAMO ARRIVATI
di Tommaso Scandroglio
Proviamo a fare una sintesi dell’iter parlamentare compiuto sin ad oggi dalla proposta di legge dal titolo “Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia” (testo unificato degli onorevoli Ivan Scalfarotto, Pd; Renato Brunetta, Pdl; Emanuele Fiano, Pd), avvalendoci dei contributi di diversi autori apparsi negli ultimi mesi sulla Nuova Bussola quotidiana.
All’inizio del giugno del 2013 parte l’esame del testo di legge presso la Commissione Giustizia della Camera. Una proposta simile era stata avanzata nel 2009, ma senza successo. Come ha precisato il prof. Mauro Ronco «il nocciolo della proposta che reca aggiunte alla legge n. 205/1993 [cd. legge Mancino] […] sta nella punizione, con la reclusione fino a 1 anno e 6 mesi, oltre di chi incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, altresì di chi incita a commettere o commette atti di discriminazione motivati dall’identità sessuale della vittima». Inoltre, come aggiunge l’on. Alfredo Mantovano, la legge Mancino «punisce […] con la reclusione fino a quattro anni chi istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi. La stessa legge vieta ogni associazione che fra i propri scopi abbia quelli appena indicati: per chi ne fa parte la reclusione è fino a quattro anni; per chi le promuove fino a sei anni. Il tutto è accompagnato da una serie di previsioni sul sequestro e sulla confisca dei mezzi adoperati per compiere tali attività. Le proposte di legge all’esame della Camera estendono queste disposizioni [contenute nella legge Mancino], come si è detto, alle ‘discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere della vittima’». Il testo dell’on. Scalfarotto poi aggiunge a questo quadro normativo anche una prescrizione di carattere rieducativo: «A chi viene condannato per i fatti prima indicati – continua Mantovano - viene inflitta pure una sanzione accessoria: quella di ‘prestare un’attività non retribuita a favore della collettività per finalità sociali’ per un periodo fra tre mesi e un anno. Tra tali attività, è prescritto che vi sia pure ‘lo svolgimento di lavoro (…) a favore delle associazioni a tutela delle persone omosessuali’». In sintesi la proposta di legge sanziona le discriminazioni, gli atti di violenza e l’associazionismo “omofobici”.
DOMANDE AL GOVERNO DALL'ONOREVOLE ALESSANDRO PAGANO
di Gianfranco Amato
Chi ha avuto modo di seguire il dibattito parlamentare sul disegno di legge in materia di contrasto all’omofobia e alla transfobia ha spesso dovuto assistere a momenti davvero poco edificanti. Un triste spettacolo a tratti trasversale e bipartisan. Nel generale squallore che accompagna la discussione sulla delicata materia (e che caratterizza, in particolare, gli interventi dei deputati pentastellati) brillano alcune splendide eccezioni, meritevoli di essere segnalate. Tra di esse spicca, senz’ombra di dubbio, la figura dell’on. Alessandro Pagano (Pdl), il quale è riuscito ancora una volta a dare prova di coraggio, di coerenza e di lucidità nel suo ottimo intervento tenuto alla Camera dei Deputati il 27 settembre scorso, quando ha illustrato l’interpellanza urgente n.2-00225 avente per oggetto «Elementi ed iniziative in relazione a recenti contestazioni svoltesi ad un convegno organizzato da associazioni ecclesiali a Casale Monferrato (Alessandria)».
L’intervento merita di essere integralmente riportato, unitamente al ringraziamento per aver segnalato la lettera inviata al Ministro dell’Interno, On. Angelino Alfano, dai Giuristi per la Vita, che ho l’onore di rappresentare:
«Signor Presidente, signor sottosegretario, il tema di questa interpellanza urgente è qualcosa di estremamente importante per la vita futura del nostro Paese. Siamo, infatti, di fronte ad un evento annunciato nel recentissimo dibattito che c’è stato in Aula sul tema dell’omofobia: più volte avevamo detto, in lungo e in largo, che cosa si stava preparando con questa legge. Dire oggi che eravamo facili profeti sarebbe un errore perché, in verità, non è bello vantarsi di un episodio negativo e che attiene alla vita sociale del nostro Paese. Al di là della facile retorica, ritengo cosa utile entrare nel merito di questo atto ispettivo e spiegare il significato profondo della stessa. Ciò è indispensabile per farlo comprendere non soltanto all’onorevole Viceministro e all’onorevole Presidente oggi presenti, ma anche a coloro che avranno modo di sentire e leggere queste parole.
Comunicato stampa 10-2013: Solidarietà all'industriale Guido Barilla
COMUNICATO STAMPA 10-2013
L’Associazione Giuristi per la Vita esprime solidarietà all’industriale Guido Barilla per il linciaggio mediatico e relativa campagna di boicottaggio, causato dalle dichiarazioni rilasciate durante la trasmissione radiofonica La Zanzara su Radio 24.
In quell’occasione lo stesso imprenditore, pur dichiarando addirittura la propria posizione favorevole rispetto ai matrimoni omosessuali, ha affermato: «non farei mai un spot con una famiglia omosessuale, non per mancanza di rispetto ma perché non la penso come loro, la nostra è una famiglia classica dove la donna ha un ruolo fondamentale». Tanto è bastato per vedersi affibbiare il marchio infamante di omofobo, seguito dall’inevitabile canea dei rancorosi e intolleranti omosessualisti.
I Giuristi per la Vita, pur non condividendo la posizione di Guido Barilla circa i matrimoni tra persone dello stesso sesso, apprezzano la scelta di una promozione commerciale attraverso l’immagine della famiglia naturale, al cui interno viene valorizzato il ruolo della donna-madre, e riconoscono il coraggio dimostrato dallo stesso Barilla nel difendere la famiglia formata da un uomo e una donna. Come ha ricordato l‘onorevole Eugenia Roccella «gli attacchi forsennati delle associazioni gay e l'invito al boicottaggio nei confronti della Barilla dimostrano quanto siano fondati i timori per la libertà di espressione espressi da alcuni durante il dibattito parlamentare sull'omofobia». «Se avere un'idea del matrimonio diversa da quella dei militanti gay – si è chiesta la stessa onorevole Roccella – scatena tutto questo, cosa accadrebbe con una legge come quella appena votata dalla Camera?».
I Giuristi per la Vita difendono il diritto di Guido Barilla ad essere “diverso” rispetto al pensiero unico dominante che si vorrebbe imporre nella società italiana, e segnalano come le intolleranti reazioni che mirano a distruggere la libertà di opinione e di impresa vengano proprio da quelle associazioni e da quegli uomini politici che intendono trasformare in reato penalmente perseguibile il mero fatto di sostenere pubblicamente i principi sulla famiglia contenuti nella nostra Costituzione laica e repubblicana.
Quella dell’industriale Guido Barilla tacciato di omofobia – pur essendo, oltretutto non ostile ai matrimoni gay – è l’ultimo esempio della preoccupante ondata di intolleranza e odio che proviene dalla lobby omosessualista.
IL PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato
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LETTERA DEI GpV AL MINISTRO ALFANO SUI FATTI DI CASALE MONFERRATO
Roma, 25 settembre 2013
All’Ill.mo Sig.
MINISTRO DEGLI INTERNI On. Avv. Angelino Alfano
–SEDE–
Ill.mo Sig. Ministro,
Le scrivo nella mia qualità di Presidente dell’Associazione Giuristi per la Vita, al fine di denunciarLe un grave episodio che ha visto come vittime l’Avv. Giorgio Razeto, esponente della stessa Associazione, ed il Prof. Mauro Ronco, Ordinario di diritto penale presso l’Universi- tà di Padova e docente di diritto penale presso l’Università Europea di Roma, nonché Presiden- te dell’Ordine degli avvocati di Torino dal 2006 al 2010 e componente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2001 al 2002.
L’Avv. Razeto ed il Prof. Ronco sono stati fatti oggetto di un ignobile, violento e vergognoso attacco da parte di alcuni contestatori durante il convegno svoltosi domenica 22 settembre 2013 a Casale Monferrato, dal titolo Gender, omofobia, transfobia: verso l’abolizione dell’uomo?, un’iniziativa organizzata dal Movimento per la vita, Alleanza Cattolica, Comunione e Liberazione, con il patrocinio della Pastorale della Salute e Pastorale Sociale della Diocesi di Casale Monferrato. Si è trattato di una becera gazzarra allestita da attivisti dei movimenti per i diritti dei gay, tra cui il coordinamento Torino Pride LGBT, il collettivo AlterEva e l’associazione Arcigay, come mostrano alcune immagini contenute in un video divulgato sul sito Il Fatto Quotidiano.it: http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/09/23/omofobia-collettivi-gay-e-femministi- conto-dibattito-di-cl-e-movimento-per-vita/245645/
Questo ennesimo episodio di violenta intolleranza da parte di esponenti dell’ideologia omosessualista è l’indicatore della grave emergenza democratica che sta vivendo il nostro Paese sul versante delle libertà di pensiero e di credo religioso, garantite e tutelate dagli articoli 21 e 19 della Costituzione.
Non è più tollerabile l’ingiurioso coro di insulti e improperi indirizzati dalla furia ideologica e dal cieco fanatismo delle Erinni omosessualiste nei confronti di chi osa esprimere posizioni diverse. Non è più tollerabile che chi sostiene l’unicità della famiglia eterosessuale, il divieto di adozione di minori per coppie dello stesso sesso, e dà dell’omosessualità un giudizio morale di riprovazione, venga trattato alla stessa stregua dei negazionisti dell’Olocausto, dei sostenitori dell’Apartheid, o dei fiancheggiatori del Ku Klux Klan.
Da mesi i Giuristi per la Vita continuano a mettere in guardia politici ed opinione pubblica sul fatto che l’attuale pericolosa deriva intollerante della lobby omosessualista stia gravemente minando una delle libertà fondamentali della nostra Costituzione, ovvero la libertà di opinione, pilastro del sistema democratico su cui si fonda la civiltà liberale dell’Occidente.
MINACCE E INTIMIDAZIONI ALLA MANIFESTAZIONE DI CASALE MONFERRATO: INTERROGAZIONE AL CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE
Pubblichiamo l'interrogazione presentata al Presidente ed agli Assessori della Giunta Regionale del Piemonte dai consiglieri Botta, William Casoni, Boniperti, Motta, Bussola, Mastrullo, Leo per le minacce e le intimidazioni alla manifestazione organizzata, il 22 settembre 2013, a Casale Monferrato sul tema “Gender – omofobia – transfobia: verso l’abolizione dell’uomo?”.
Al Sig. Presidente del
Consiglio regionale del Piemonte
Valerio Cattaneo
INTERROGAZIONE
ai sensi dell’articolo 18, comma 4, dello Statuto e
dell’articolo 89 del Regolamento interno.
Ordinarie a risposta orale in Aula
Ordinarie a risposta orale in Commissione
Ordinarie a risposta scritta X
Indifferibile e urgente in Aula
Indifferibile e urgente in Commissione
OGGETTO: Minacce e intimidazioni alla manifestazione di Comunione e Liberazione a Casale Monferrato
Premesso che:
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"Gender, omofobia, transfobia, verso l'abolizione dell'uomo ?" è stato il tema e insieme l'interrogativo che si è posto l'incontro dibattito che si è svolto domenica sera alle ore 21, all'auditorium di San Filippo di Casale Monferrato;
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L'evento è stato organizzato da Movimento per la vita, Comunione e liberazione, Alleanza cattolica con il patrocinio della Pastorale della salute e pastorale sociale. Tra i relatori Mauro Ronco, docente ordinario di diritto penale dell'Università di Padova e Giorgio Razeto, avvocato, giurista per la vita e bioeticista;
COMUNICATO STAMPA SULLA VIOLENTA CONTESTAZIONE AL CONVEGNO “GENDER, OMOFOBIA, TRANSFOBIA: VERSO L’ABOLIZIONE DELL’UOMO?”
COMUNICATO STAMPA 9-2013
L’Associazione Giuristi per la Vita esprime solidarietà e pieno sostegno all’Avv. Giorgio Razeto ed al Prof. Mauro Ronco, fatti oggetto di un ignobile, violento e vergognoso attacco da parte di alcuni contestatori durante il convegno svoltosi domenica 22 settembre 2013 a Casale Monferrato, dal titolo Gender, omofobia, transfobia: verso l’abolizione dell’uomo?, un’iniziativa organizzata dal Movimento per la vita, Alleanza Cattolica, Comunione e Liberazione, con il patrocinio della Pastorale della Salute e Pastorale Sociale della Diocesi di Casale Monferrato. Si è trattato di una becera gazzarra allestita da attivisti dei movimenti per i diritti dei gay, tra cui il coordinamento Torino Pride LGBT, il collettivo AlterEva e l’associazione Arcigay.
Questo ennesimo episodio di violenta intolleranza da parte di esponenti dell’ideologia omosessualista è l’indicatore della grave emergenza democratica che sta vivendo il nostro Paese sul versante delle libertà di pensiero e di credo religioso, garantite e tutelate dagli articoli 21 e 19 della Costituzione.
Non è più tollerabile l’ingiurioso coro di insulti e improperi indirizzati dalla furia ideologica e dal cieco fanatismo delle Erinni omosessualiste nei confronti di chi osa esprimere posizioni diverse. Non è più tollerabile che chi sostiene l’unicità della famiglia eterosessuale, il divieto di adozione di minori per coppie dello stesso sesso, e dà dell’omosessualità un giudizio morale di riprovazione, venga trattato alla stessa stregua dei negazionisti dell’Olocausto, dei sostenitori dell’Apartheid, o dei fiancheggiatori del Ku Klux Klan.
Da mesi i Giuristi per la Vita continuano a mettere in guardia politici ed opinione pubblica sul fatto che l’attuale pericolosa deriva intollerante della lobby omosessualista stia gravemente minando una delle libertà fondamentali della nostra Costituzione, ovvero la libertà di opinione, pilastro del sistema democratico su cui si fonda la civiltà liberale dell’Occidente.
LA DITTATURA GAY COMINCIA DA CASALE MONFERRATO
di Alfredo Mantovano
Immaginiamo la scena. Una domenica sera di fine estate, una tranquilla città di provincia, un gruppo di associazioni di gay che riuniscono pacificamente i loro simpatizzanti per parlare della legge anti omofobia e per esporre le loro ragioni a sostegno dell’introduzione del matrimonio fra persone dello stesso sesso. Non fanno in tempo a iniziare: nella sala fino a quel momento serena irrompono militanti di organizzazioni ostili, i quali urlano, esibiscono t-shirt e cartelli offensivi, salgono sul palco dei relatori, costringono il convegno a interrompersi. Una vicenda così sarebbe andata subito fra i titoli di apertura dei tg serali, nelle prime pagine dei quotidiani del giorno successivo, qualche alta carica istituzionale si sarebbe precipitata sul posto per manifestare vicinanza agli organizzatori, il Senato si sarebbe riunito d’urgenza per approvare il prima possibile la legge anti omofobia nella versione più punitiva, e guai a chi avesse obiettato qualcosa. Dimenticavo: gli autori della vile aggressione sarebbero stati processati per direttissima.
Domenica 22 a Casale Monferrato non è andata esattamente così. Tre pacifiche associazioni ecclesiali, Alleanza Cattolica, Comunione e liberazione e Movimento per la vita, organizzano nell’auditorium San Filippo un convegno dal titolo Gender, omofobia, transfobia. Verso l'abolizione dell'uomo?, col patrocinio dell'Ufficio per la Pastorale della salute della diocesi di Casale. Presente un pubblico di 150 persone, saluta un sacerdote – don Luigi Cabrino – in rappresentanza della diocesi; introduce una signora, Margherita Garrone, benemerita dei Centri di aiuto alla vita. Relatori l’avv. Giorgio Razeto, dei Giuristi per la vita, e il prof. Mauro Ronco, di Alleanza Cattolica. Un convegno si studio e di approfondimento, al quale assiste il sindaco di Casale, l’ing. Giorgio Demezzi: che l’aria non sia delle migliori lo si coglie prima dell’avvio, quando relatori e pubblico sono accolti all’ingresso da un picchetto di persone che indossano magliette e reggono cartelli con rivendicazioni dei movimenti gay.
Il bello viene quando iniziano le relazioni: parla l’avv. Razeto e partono le prime provocazioni, tutto sommato soft, provenienti da una quarantina di molestatori che entrano in sala. La parola passa al prof. Ronco e si scatena il finimondo: nonostante le urla, i fischi, i “buuu” alternati ai “vergogna!”, Ronco va avanti col tono più calmo possibile, senza reagire, nemmeno verbalmente. Alle parole si accompagnano i gesti: c’è chi si mette di fronte al tavolo del convegno con le braccia allargate e grida al relatore che sta mentendo e non sa quello che di dice; una ventina di ragazze, reggendo dei cartelloni, salgono sul palco e si dispongono a cerchio attorno al tavolo stesso. Non potendo più proseguire, Ronco chiude l'intervento e invita il pubblico a lasciare la sala senza raccogliere provocazioni. Nel frattempo giungono due carabinieri, chiamati dal sindaco, ma il convegno è ormai rovinato, e la presenza dei militari evita ulteriori degenerazioni.
LA CENSURA SUL CRISTIANESIMO "OMOFOBO"
di Gianfranco Amato
Il dibattito finale che ha portato all’approvazione del disegno di legge Scalfarotto in tema di contrasto all’omofobia offre rare perle di intolleranza omosessualista assai utili per comprendere quale potrebbe essere il clima a legge vigente. Fra gli innumerevoli interventi illuminanti appare utile segnalarne alcuni. Prendiamo, ad esempio, il caso dell’on. Silvia Giordano del Movimento 5 Stelle. Davvero un interessante e notevole florilegio:
«L’omosessualità è un'identità “ascritta”, quindi non si sceglie. Sta alla persona prenderne atto e decidere se viverla serenamente o negarsi e reprimersi come suggerisce il Vaticano quando invita gli omosessuali a vivere in castità»;
«tutti i punti fin qui espressi esemplificano in modo chiaro, netto e incontrovertibile il fatto che l’omofobia sia uno dei tanti volti con i quali si manifesta il razzismo. Ed è proprio in ragione di ciò che l’estensione della legge Mancino a questo reato, senza vigliacchi cavilli salva questo o quello, è assolutamente necessaria»;
«la libertà di opinione che qui si vuole tutelare è quella di poter continuare a dire che gli omosessuali sono malati, che l’omosessualità è una devianza, che gay, lesbiche e trans non sono normali, che milioni di cittadini sono contro natura. Voi avete il diritto di legiferare, è vero, ma non avete il diritto di giudicare né di distribuire patenti di normalità e naturalità»;
«la verità è che volete tutelare la libertà di insulto, di ingiuria e di dileggio nei confronti delle comunità LGBT, tutelando posizioni reazionarie o andando a solleticare gli istinti più beceri»;
«Per noi, libertà significa consentire alle persone di vivere secondo le proprie inclinazioni, secondo le proprie personalità e sensibilità, garantendo il diritto costituzionale all'identità. Voi, invece, volete imporre la vostra visione del mondo, il vostro modello di vita, il peccato come reato e la religione imposta per legge»;
Fermare la legge contro l'omofobia - Rete 55 intervista l'Avv. Gianfranco Amato (20/09/2013)
Questa intervista, andata in onda il 20 settembre 2013, è stata in realtà registrata il 16 settembre e dunque prima dell'approvazione alla Camera dei Deputati del progetto di legge. Il suo contenuto resta comunque valido, in vista della discussione che si terrà prossimamente al Senato della Repubblica.
LACRIME DI COCCODRILLO
di Gianfranco Amato
Nelle convulse giornate di dibattito che hanno caratterizzato lo psicodramma parlamentare sulla legge anti omofobia è accaduto di tutto. Compresi giravolte, coup de théâtre, trasformismi, violazione di patti e ingenuità al limite della ragionevolezza. Spiace dirlo ma il primato spetta all’on. Enrico Costa del PdL. Dopo aver votato, in ossequio agli accordi stretti col Pd, contro la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dal collega di partito on. Alessandro Pagano, Costa si è ingenuamente illuso che i compari democrat e civici fossero di parola. Nonostante il prezzo pagato con il suo contributo alla forzatura sulla legittimità costituzionale del provvedimento in discussione, il deputato pidiellino si è visto cambiare le carte in tavola. Il testo Scalfarotto uscito dalla mediazione – testo che nei patti avrebbe dovuto essere blindato – è stato invece stravolto grazie all’emendamento a firma Walter Verini (Pd) modificato dal sub emendamento di Gregorio Gitti (Scelta civica).
Ne è uscito un mostro giuridico indigeribile persino per i meno schizzinosi esponenti del PdL. Da qui le lacrime di coccodrillo versate in alcuni passaggi del successivo intervento dello stesso on. Costa, che meritano di essere integralmente riportati: «Signor Presidente, questo è un emendamento pasticciato che non risolve i problemi. È semplicemente frutto di uno scambio tra il Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia per barattare, da un lato l'aggravante, dall'altra questa norma equivoca che non garantirà sicuramente la libertà di espressione. Pd e Scelta Civica per l'Italia hanno voluto questa norma, la portino avanti. Noi voteremo contro e cercheremo anche di motivare le nostre ragioni».
Poi l’intenzione di ribaltare la partita al secondo tempo del Senato: «Ho visto tanti abbracci e tante esultanze oggi. Sicuramente sarà un atto importante per gli archivi di questo ramo del Parlamento, ma sono convinto che al Senato questo provvedimento verrà non soltanto vivisezionato ma sarà oggetto di palesi e pesanti modifiche. Mi chiedo: non sarebbe stato meglio, forse, accedere a qualche modifica più equilibrata, a raggiungere un consenso politico più ampio che reggesse anche all'urto del Senato? Ebbene, avete preferito piantare una bandiera».
UNA PAGINA NERA PER IL PARLAMENTO
di Gianfranco Amato
Il 17 settembre 2013 alla Camera dei Deputati è stata scritta una pagina nera nella storia della cultura giuridica del nostro Paese. Dopo il furtivo dibattito in seduta notturna dello scorso 5 agosto, infatti, è ripresa la discussione sul disegno di legge Scalfarotto in tema di contrasto all’omofobia.
Si è proceduto alla votazione delle tre questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate rispettivamente dall’on. Giancarlo Giorgetti della Lega Nord ed altri (pregiudiziale n.1), dall’on. Giorgia Meloni e Cirielli dei Fratelli d’Italia (pregiudiziale n.2) e dall’onorevole Pagano del PLD ed altri (pregiudiziale n.3).
E’ toccato al deputato leghista on. Marco Rondin presentare la questione pregiudiziale di inconstituzionalità n.1:
«Dovrebbero bastare poche considerazioni di buon senso per archiviare un provvedimento che, nella sua applicazione, andrà a sanzionare anche un reato di opinione, violando il rispetto del principio di libertà di espressione garantito dalla nostra Costituzione. Che il rischio sia reale ce lo ricorda anche un passaggio del parere della I Commissione (Affari costituzionali) che evidenziava la necessità di assicurare il rispetto del principio di libertà di espressione, evitando il rischio in particolare di scivolare sul delicato territorio dei reati di opinione e di introdurre nell'ordinamento illegittime violazione delle libertà di manifestazione del pensiero, anche perché potrebbe risultare alquanto difficoltoso sul piano probatorio ricostruire i motivi che hanno determinato l'agire. Così la Commissione affari costituzionali.
Inoltre, come abbiamo evidenziato poi nel nostro atto, la disposizione dell'articolo 1 contenuta nel testo in esame viola il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza della discriminazione. Appare evidente che aver legato l'atto di discriminazione a motivi di omofobia e transfobia, così configurata, offre una protezione privilegiata alla persona offesa in ragione del proprio orientamento sessuale e in particolare discrimina fra chi subisce forme di atti o violenze perché vi è una tutela rafforzata del motivo sottostante l'azione.
LEGGE SULL'OMOFOBIA POTREBBE ZITTIRE I CATTOLICI
di Filippo Martini - Gabriele Fanti - Gian Paolo Babini
I Giuristi per la vita contro il documento: "Dove la norma è in vigore ritenuto discriminatorio un brano del Vangelo di Matteo perché contrastava la divulgazione nelle scuole dell'ideologia gender"
Lo scorso 5 agosto è stato discusso alla camera dei deputati il c.d. progetto di legge antiomofobia, che verosimilmente verrà messo ai voti nei prossimi giorni.
I promotori del testo affermano l’urgenza di uno specifico intervento legislativo per reprimere violenze e discriminazioni verso le persone non eterosessuali. Per questa ragione propongono di estendere ad omosessuali e transessuali le tutele giuridiche attualmente previste contro le discriminazioni e le violenze ispirate da motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Coloro che si oppongono a tale estensione sostengono invece che non c’è alcun bisogno di introdurre le categorie di omofobia e transfobia sul piano normativo. Infatti la legge già punisce ogni atto di violenza o minaccia nei confronti di chicchessia, così come è principio fondamentale della nostra carta costituzionale l’uguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzioni di sorta. Prevedere una protezione specifica, basata unicamente sull’orientamento sessuale, significherebbe attribuire una speciale connotazione all’omosessualità ed al transessualismo, che assurgerebbero al rango di veri e propri valori degni di una tutela privilegiata rispetto alla stessa eterosessualità. Inoltre i concetti di omofobia e di transfobia sono dei neologismi dal significato ambiguo e discordante dall’origine etimologica dei termini, cosicché casi analoghi verrebbero inevitabilmente giudicati in modo diverso secondo le interpretazioni e diverse sensibilità degli organi giudicanti, con buona pace dei concetti di tassatività della norma penale e di certezza del diritto.
È poi imbarazzante il silenzio di molta stampa e dei media in genere, che omettono di informare come, in base a tali norme, sarà perseguibile penalmente - vale a dire con il carcere - l’autore di ogni pubblica affermazione idonea a discriminare (leggi criticare, commentare) persone e comportamenti omosessuali o transessuali.
INGHILTERRA, SAN PAOLO «FUORILEGGE»
di Gianfranco Amato
San Paolo è sempre più fuori legge in Inghilterra, nonostante il fatto che a Londra ci sia una cattedrale a lui dedicata, che è pure la Chiesa madre della diocesi anglicana londinese. Lo sanno bene gli agguerriti e volenterosi avvocati del Christian Legal Center, a cui tocca difendere, con una sempre maggiore e preoccupante frequenza, i predicatori di strada che si ostinano a citare le parole dell’«omofobo» Apostolo delle Genti.
E’ davvero preoccupante l’accanimento da caccia alle streghe con cui vengono colpiti gli street preacher. Dopo il caso di Tony Miano, arrestato a Wimbledon lo scorso luglio, è ora toccato a Miguel Hayworth, ventinovenne predicatore, fermato dalla polizia a Maidstone nel Kent. Il reato contestato è quello di aver citato brani tratti da due lettere di San Paolo. La prima è quella ai Romani, Cap.1 versetti 24-27: «Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento».
Nella lingua originale usata da San Paolo, peraltro, risulta ancor più chiaro il senso sessualmente allusivo di quale fosse la degna ricompensa («τὴν ἀντιμισθίαν») che gli uomini omosessuali ricevono nel proprio corpo, a causa della loro depravazione («τῆς πλάνης αὐτῶν»). L’altro brano della lettera paolina contestata a Hayworth è tratto dalla prima epistola ai Corinti, Cap. 6, versetto 9: «Non sapete voi che gli ingiusti non erederanno il regno di Dio? Non v’illudete; né i fornicatori, né gl’idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti». Questi ultimi nel testo originale greco vengono definiti dall’apostolo come «ἀρσενοκοῖται», termine dispregiativo e poco politically correct. Comunque, sul punto San Paolo è esplicito: «neque molles neque masculorum concubitores», con le loro «passiones ignominiae», vedranno la salvezza, essendo destinati alla dannazione eterna a causa della loro perversione.
SCEMPIO DEL DIRITTO E MINACCE ALLA LIBERTA’ NEL DISEGNO DI LEGGE SCALFAROTTO SULLA COSIDDETTA “OMOFOBIA”
di Patrizia Fermani
La legge penale nasce per difendere i valori fondamentali della società (vita, onore, proprietà ecc.); prevede i comportamenti che li offendono, la pena che deve seguire all'offesa e affida al giudice il compito di stabilire chi e come dovrà essere giudicato.
Ma il legislatore è onnipotente, può istituire campi di concentramento di qualunque colore e legalizzare l'aborto, fare leggi ingiuste, cosi come il giudice può mandare al patibolo una regina innocente. Ecco dunque la necessità di stabilire dei principi capaci di contenere il più possibile l'arbitrio del legislatore da un lato, quello del giudice dall'altro. Non basta a questo scopo il principio di legalità , nullum crimen sine lege, per cui si può essere puniti solo in virtù di una legge entrata in vigore prima che il fatto sia stato commesso. Occorre da un lato che la legge tuteli un valore già preesistente nella coscienza della collettività e da questa sentito come tale, e che non utilizzi la sanzione penale per imporre nuovi "valori" funzionali ad un contingente programma di potere ed espressivi di una determinata ideologia. Occorre dall'altro che possano essere punite soltanto azioni oggettivamente individuabili perché definite e descritte dalla norma incriminatrice in modo tale da non lasciare al giudice un incontrollabile spazio di "creatività" e di arbitrio.
Questi principi basilari segnano inevitabilmente la linea di discrimine tra uno Stato attento a tutelare con leggi adeguate le esigenze reali di una buona convivenza comune, e lo Stato che usa la legge per imporre alla collettività una determinata ideologia o un'etica nuova artificiosamente indotta per fini propri o come mezzo di controllo sociale .
Sulla base di queste premesse, è evidente ictu oculi come il Disegno di legge arrivato adesso alla Camera per la discussione con la dicitura "Norme contro l'omofobia e la transfobia" rappresenti un vero e proprio paradosso sotto il profilo giuridico e una minaccia di incommensurabile portata per le strutture portanti della società, ma si armonizzi perfettamente con quella mentalità totalitaria rimasta apparentemente sotto traccia in più di mezzo secolo di retorica democratica, e che è poi uscita allo scoperto trovando condizioni ideali di espansione sul terreno di un planetario disfacimento culturale.
Esso si presenta come ampliamento della legge di ratifica 13 ottobre del 1975 sulla propaganda e sulle discriminazioni ispirate da motivi razziali sopravvissuta alla legge n. 85 del 2006 che, depenalizzando alcuni dei c.d. reati di opinione, fu salutata dall'allora Guardasigilli quale legge che per questo aveva "alzato il tasso di democrazia" dell'Italia: segno che si tratta di un tasso variabile e che anche la democrazia può essere soltanto un'opinione.
INGHILTERRA, GUAI A CRITICARE IL GAY PRIDE
di Gianfranco Amato
Disapprovare il gay pride può costare una denuncia penale in Inghilterra.
È capitato al Reverendo Dr. Alan Clifford, un Pastore della Chiesa Riformata Scozzese di Norwich, che ha avuto la malaugurata idea di inviare agli organizzatori del locale gay pride due email con citazioni del Vangelo. La prima aveva come titolo dell’oggetto: «Cristo può curare – Buone notizie per gli omosessuali». La seconda, invece, indicava come oggetto: «Gesù Cristo – Il Salvatore di cui tutti abbiamo bisogno». I destinatari delle due missive telematiche non hanno evidentemente gradito il contenuto, e invece di cancellarle o rispondere per le rime, hanno deciso di denunciare il fatto alla polizia considerandolo un “hate incident”. Un evidente caso di odio omofobico. Così, un tranquillo sabato pomeriggio, il reverendo si è sentito bussare alla porta da un giovane poliziotto della Norfolk Constabulary. Immaginando che la visita fosse dovuta a qualche bagatella del vicinato (un furto, atti di vandalismo, rumori molesti), Il Dr. Clifford è trasecolato quando ha saputo che nei suoi confronti era stata presentata una formale denuncia per “homophobic hate”. Il poliziotto ha quindi invitato il reverendo a conciliare mediante il pagamento di una multa ridotta, oppure a verbalizzare la sua eventuale opposizione. Il Dr. Clifford, peraltro, viene descritto dal giornalista del settimanale The Spectator che lo ha poi intervistato, come una persona intelligente, colta e posata, il cui carattere è così «lontano dall’odio, come l’ombra dalla superficie del sole». Facendo leva sulla propria indole serena e dialogante, lo stesso Dr. Clifford ha cercato pacatamente di convincere il poliziotto dell’infondatezza dell’accusa rivoltagli, cominciando a spiegare – con il tono accademico che si confà ad un dottore in teologia – che il termine “omofobia”, deriva dal greco “fobia” che significa paura e non comprende quindi il concetto di odio.