LETTERA APERTA DEI GIURISTI PER LA VITA AL DIRETTORE DEL QUOTIDIANO "AVVENIRE"
Roma, 13 agosto 2013
Al Direttore di Avvenire
Dr. Marco Tarquinio
Egregio Direttore,
i ventisei parlamentari che si sono rivolti al Suo giornale per illustrare l’asserito lavoro di miglioramento del disegno di legge Scalfarotto, premettono le proprie credenziali di “cattolicità” sul presupposto che questa dicitura costituisca, comunque, una garanzia sostanziale, laddove – e non occorre spiegarlo – dovrebbero essere i contenuti a giustificare la qualificazione e non viceversa.
Ma al di là delle autocertificazioni, a sfavore delle quali parlano carriere e scelte politiche, persino stili di vita di alcuni di loro, è sconcertante la manifesta inconsapevolezza che essi manifestano rispetto alla materia di cui si stanno occupando. Vantano, infatti, di avere suggerito correttivi capaci di comporre esigenze diverse, come se si trattasse di una delle tante materie suscettibili di un qualunque compromesso politico, più o meno innocuo (per esempio le nuove discipline dei regolamenti condominiali, oppure quelle sull’orario di lavoro). Sembrano non avere chiara l’idea che quella che si tenta di introdurre, nella distrazione estiva generale, è una legge penale, quella in cui si esprimono in massima misura le esigenze di tutela di tutta la società da un lato, il potere punitivo dello Stato e la correlativa necessaria garanzia della libertà individuale dall’altro.
Come è noto, la legge penale individua, infatti, i valori fondamentali e irrinunciabili di una collettività, e li protegge da comportamenti lesivi che possano comprometterne la stabilità. Essi sono la vita, l’onore, la libertà individuale nei limiti consentiti dall’ordinamento, la proprietà, l’incolumità personale, il corretto funzionamento delle istituzioni ecc. L’interesse in gioco è un interesse pubblico, perciò collettivo e riconosciuto come tale. Chiunque, in quanto titolare di uno dei valori protetti, viene quindi tutelato attraverso la punizione del comportamento che di volta in volta li vada a ledere.
Il disegno di legge Scalfarotto non ha alcun fondamento giuridico, perché si basa sul presupposto – inesistente – di una presunta situazione di minorata difesa dei soggetti omosessuali che, come qualunque altro soggetto, ovviamente godono, in quanto cittadini, della tutela penale generale.
Al di là della tutela generale, il sistema penale ne accorda una “privilegiata” solo in ragione o di particolari valori prevalenti (come ad esempio nel caso delle offese al Capo dello Stato o del vilipendio della religione attraverso l’offesa ad un ministro del culto) o in ragione della particolare situazione di debolezza dell’offeso dal reato (come nel caso del minore o dell’incapace per motivi fisici o psichici). Una tutela privilegiata ad hoc, dunque, può essere giustificata, nel rispetto appunto dell’interesse pubblico, solo in ragione di un valore di particolare rilevanza per la collettività, o in ragione della particolare situazione di minorata difesa del soggetto passivo. È perciò evidente che il fenomeno omosessuale non è riconducibile ad alcuno dei presupposti sopra indicati, con la dovuta precisazione ad abundantiam, quanto al secondo, che semmai si verifica la situazione inversa, ormai parossistica, di una sua prepotente presenza e invadenza in ogni spazio pubblico, con grave violazione anche delle esigenze educative individuali.
Questo sul piano dei principi generali dell’ordinamento penale. Ma è anche imprescindibile ribadire la assoluta illegittimità del disegno di legge de quo dal punto di vista sia dei principi costituzionali, sia di quelli che regolano la concreta applicazione della legge penale, per prevenirne l’uso arbitrario. Con le norme proposte, infatti, non solo viene violato gravemente il diritto alla libera manifestazione del pensiero, sancito dall’art. 21 della Costituzione, ma vengono altresì introdotte fattispecie di reato tanto indeterminate e indeterminabili (si parla di violenza, discriminazione, senza alcun elemento descrittivo imprescindibile per un diritto penale che non sia strumento di cieco totalitarismo politico) da esporre il cittadino all’arbitrio della legge e quindi del giudice.
Sarebbe anche indispensabile per il bene di tutti che si considerasse finalmente con lucidità e senza il cedimento alla subdola azione di una propaganda ben orchestrata dalle prepotenti forze in campo, anche internazionali, che questo falso problema di una surreale quanto truffaldina “omofobia”, è l’inesorabile cavallo di Troia per sgomberare il campo alla marcia distruttiva della società da parte della ideologia omosessualista, tutta protesa ad impossessarsi delle prerogative della famiglia naturale, l’unica capace di tenere in piedi una società. E tutto ciò attraverso la mercificazione dell’uomo, prodotto in laboratorio, commissionato alle operaie del terzo mondo o anche del “primo”, quello che ha perduto ogni rispetto di sé, della propria storia, della propria religione.
Cordiali saluti.
IL PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato