OMOFOBIA, UN DIBATTITO INQUIETANTE
di Gianfranco Amato
Per la Corte di Cassazione ai lavori preparatori di una legge può attribuirsi, seppure in via sussidiaria, un valore ai fini interpretativi. Più precisamente, quando l’interpretazione letterale dia luogo ad incertezze o dubbi riguardanti la costituzionalità, la ricerca della mens legis anche attraverso i lavori preparatori può avere un certo peso.
Per questo è sempre interessante seguire l’iter legislativo che porta all’approvazione di una norma. E nel caso del disegno di legge per contrastare l’omofobia e la transfobia, ciò appare più che mai importante.
Ecco perché è utile riscostruire quanto avvenuto nella notte del 5 agosto 2013 durante la seduta notturna svoltasi presso la Camera dei Deputati, attraverso i singoli interventi di tutti i parlamentari che hanno partecipato alla discussione.
ANTONIO LEONE
Esordisce uno dei due relatori del disegno di legge, l’on. Antonio Leone (Pdl), che dopo aver evidenziato «l’oggettiva difficoltà tecnica che comporta l’individuazione di una sanzione penale in materia così sensibile», presenta il testo sottoposto a dibattito come «un risultato importante», «frutto di una mediazione tra forze politiche che in passato avevano manifestato sul tema dell’omofobia posizioni molto diverse, se non addirittura inconciliabili, almeno in apparenza».
Leone precisa altresì che il testo non mette in alcun pericolo la libertà di opinione. Questa granitica convinzione non gli impedisce di dire, però, che «tuttavia, se si vuole evitare, ad abundantiam, qualsiasi rischio di applicazione distorta della norma penale in questione, si potrebbe introdurre nel testo una norma di chiusura che riprenda alcuni degli emendamenti presentati dai vari gruppi, che sono volti a specificare che le disposizioni in materia di orientamento sessuale previste dal testo in esame non si applicano nel caso in cui le idee sulle persone oggetto di tutela da parte dello stesso siano diffuse limitatamente all’ambito educativo, didattico, accademico, scientifico, letterario, teologico, catechistico, purché non incitino alla discriminazione, all’odio e alla violenza».
Ritiene, infine, di dover spendere «qualche parola sulla paventata presunta illiberalità di questa legge che combatterebbe le opinioni non con le opinioni ma a colpi di galera», precisando testualmente: «Basterebbe ricordare in proposito certe situazioni, anche nell’ambito della stessa chiesa, certi preti in Italia minacciavano di scomunicare chi non avesse votato in un certo modo, mi riferisco all’allora Democrazia Cristiana, e scacciavano dalle chiese i conviventi; sono passati sessant’anni da quegli episodi». Onestamente, il paragone fatto non pare un esempio di adamantina chiarezza.
IVAN SCALFAROTTO
Prende poi la parola il secondo relatore, l’on. Ivan Scalfarotto (PD), il quale ribadisce quanto va da tempo sbandierando circa la necessità, bontà ed urgenza di una legge per contrastare l’omofobia e la transfobia, presentando il testo sottoposto alla discussione dell’Aula come esempio di alta mediazione, sempre perfezionabile in sede di dibattito. Si spertica nelle assicurazioni che la legge proposta non intaccherà minimamente il diritto alla libertà di opinione, fino a citare la celebre frase – divenuta motto dei liberali – erroneamente attribuita a Voltaire (in realtà fu la scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall a coniare il detto «I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it»).
COSIMO MARIA FERRI,
A nome del Governo interviene il Sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, che dopo aver dichiarato di sottoscrivere le parole dell’on. Scalfarotto, e dopo aver elogiato la pazienza e l’impegno dei relatori, auspica che la Camera dei Deputati possa giungere, senza ipocrisia, ad approvare una legge giusta con il massimo consenso possibile.
SILVIA CHIMIENTI
Prende la parola l’On. Silvia Chimenti (M5S), fortemente critica rispetto al testo proposto, considerato «simbolo dell’Italia del compromesso e della non decisione, in cui si preferisce improvvisare soluzioni al ribasso piuttosto che svoltare una volta per tutte». Secondo la deputata, infatti, il testo in discussione appare «monco, prosciugato dei suoi significati più innovativi, appiattito durante i suoi mille passaggi in Commissione giustizia e bersaglio di logiche di potere e di apparato, consumatesi dentro e fuori dal palazzo, che ne hanno progressivamente allentato la portata». Per l’on. Chimenti, «il testo, così come è, si discosta anni luce da ciò che l’Europa ha sancito da tempo e che tutte le associazioni richiedono a gran voce», e questo perché «ogni volta che in Italia si è tentato di squarciare il velo delle reticenze e del pregiudizio in tema di omofobia e transfobia il copione è stato sempre lo stesso: alcuni organi di informazione che ritengono di farsi portavoce del messaggio cristiano, spalleggiati da esponenti di correnti cattoliche o presunte tali in seno ai partiti politici, hanno messo in atto una vera e propria strategia del terrore diffondendo falsi allarmismi sulle conseguenze che l’approvazione di una legge seria contro l’omofobia avrebbe», e denuncia i «fiumi di inchiostro versati negli ultimi giorni sui pericoli di questa legge, paventando falsamente una sorta di bavaglio al libero pensiero e millantando una parificazione tra chi commette violenza o discriminazione e chi per motivi religiosi o morali indichi nella famiglia tradizionale la via preferibile».
«Altrettanto ingiusto, e forse assai più grave», per la deputata grillina, è il fatto di «utilizzare a proprio piacimento la religione e le argomentazioni assurde circa le tradizioni centenarie della Chiesa cattolica, ergendosi a depositari esclusivi di verità e di dogmi morali che nulla hanno a che vedere con l’insegnamento originario di Gesù Cristo», di quel «Gesù Cristo umile, difensore degli emarginati e degli ultimi, primo grande rivoluzionario della storia», che «disse: “Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati, perdonate e vi sarà perdonato”».
Com’è, poi, possibile, per l’on. Chimenti «rimanere sordi persino alle affermazioni di Papa Francesco che pochi giorni fa ha pronunciato al mondo intero parole di grande impatto affermando: “se una persona è gay e cerca il signore, chi sono io per giudicarlo? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Gli omosessuali sono fratelli”».
PAOLA BINETTI
Interviene l’on. Paola Binetti (Scelta Civica) dichiarandosi «fermamente convinta che la vigente normativa in materia di reati contro la persona sia già sufficientemente adeguata a punire i comportamenti che con la proposta di legge in esame si intendono perseguire», e che non ci sia, quindi, «la necessità di introdurre nuovi reati o aggravanti». Si dichiara, altresì, convinta che «l’introduzione dei reati di omofobia e transfobia potrebbe avere ricadute sulle norme del Codice civile che regolamentano il matrimonio tra uomo e donna e le altre norme in materia di famiglia e minori, dove si parla di padre e madre, uomo e donna». Per questa ragione la deputata di Scelta Civica annuncia di aver «presentato un emendamento che faccia da clausola di salvaguardia, una sorta di garanzia contro lo stravolgimento del quadro normativo attuale, che costituisce la base della coesione sociale nel nostro Paese, proprio attraverso il modello di famiglia previsto dalla nostra Costituzione», e per evitare che si attui mediante la via legislativa un «un piano inclinato per introdurre successivamente altre norme che riguardano matrimonio ed adozione».
La stessa deputata, inoltre, si rammarica molto «che il dibattito si svolga in un Parlamento quasi vuoto, a ore notturne, e quindi senza quella partecipazione convinta che una proposta di legge di questo tipo, che tocca il tema dei diritti umani, avrebbe meritato»; non pare davvero «un’operazione di grande rispetto nei confronti dei proponenti della stessa proposta di legge». Il punto fondamentale, per la Binetti, resta quello della libertà di opinione: «Possiamo continuare ad interrogarci sull’omosessualità? Possiamo parlare delle sue cause, della sua natura, del suo rilievo esistenziale, delle sue mille varianti? (…) Potrebbe, ad esempio, apparire come reato, in quanto giudicato segno e sintomo di discriminazione e di omofobia, l’opporsi al matrimonio gay o all’adozione da parte delle coppie gay, cosa particolarmente rilevante, se si tiene conto che, proprio in questo momento, al Senato, si stanno discutendo questi disegni di legge? Cosa è accaduto e cosa sta accadendo in Europa nella lotta contro l’omofobia?». Ricorda, infine, che «le notizie che arrivano dall’Europa ove simili leggi sono già in vigore, suscitano non poche perplessità», come si può vedere in «Francia a proposito del recente dibattito sull’adozione da parte delle coppie omosessuali», ove «dire che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna può essere rubricato come omofobo e perseguito».
ALESSANDRO ZAN
Prende la parola l’on. Alessandro Zan (SEL) che dopo aver rassegnato una sorta di bollettino di guerra, elencando tutti i casi di violenza su omosessuali, denuncia «una parte della politica che mette sotto accusa di volta in volta addirittura l’esistenza di lobby gay, si scaglia contro quello che definisce il politically correct sui diritti, si appella alla libertà di coscienza nell’espressione del voto fino adesso a giungere alla richiesta, qualche tempo fa, di una moratoria su quello che chiama i “temi etici”». Sul punto l’onorevole deputato appare risoluto nell’affermare che non i tratta di temi etici ma di «discriminazioni e avvenimenti», e che non si può consentire alle persone di essere «libere di insultare», a quelle persone che «si sentono i depositari della rappresentanza, anche dei cattolici, quelli che cercano un po’ di visibilità sui media parlando male delle persone omosessuali».
Poi, Zan si scaglia contro l’editoriale di Piero Ostellino pubblicato sul Corriere della Sera nel quale veniva criticata la discussione e l’eventuale approvazione di una legge contro l’omofobia, chiedendosi: «Ma dove vivono tutti quelli che la pensano in questo modo? Ma le leggono le cronache dei giornali, o si limitano a leggere i loro stessi articoli? Forse a loro sono sfuggite le aggressioni all’uscita dei locali gay. Sfuggono le aggressioni nei confronti delle persone trans, sfuggono gli atti di discriminazione nei confronti dei più giovani, che sono quelli che in numero maggiore si rivolgono alle associazioni e ai centri omofobia e che sono poi quelli che sono spinti al suicidio?».
Opporsi, poi, al diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso, per l’on. Zan, costituisce una forma di «omofobia sotterranea».
La verità, per lo stesso Zan, è che «chi si oppone è chiaramente favorevole al perdurare di discriminazioni», «è complice di quelle forme di discriminazione e anche di aggressioni che a parole si condannano, però ogni volta che arriva la legge in Aula si cerca di affossarla». Con buona pace del diritto di opinione.
ELENA CARNEVALI
Segue l’intervento dell’on, Elena Carnevali (PD), la quale si limita ad evidenziare l’«urgenza» di una «legge che nulla ha a che vedere con la violazione del principio di uguaglianza o con il reato di opinione, come lo stesso onorevole Leone ha rassicurato». Contenta lei.
MATTEO BRAGANTINI
Prende la parola l’on. Matteo Bragantini (Lega Nord) il quale ricorda «quanti ragazzi, da giovani, sono stati presi in giro per differenze fisiche, perché sono un po’ obesi, perché sono grassottelli, perché hanno gli occhiali, perché magari hanno problemi di deambulazione e zoppicano, oppure per altri grandissimi motivi». L’esempio serve per evidenziare il motivo per cui non si riesce «a capire perché fare una legge solo per una tipologia di violenza verso una caratteristica di una persona». Si chiede, infatti, Bragantini: «Perché non facciamo leggi verso altre caratteristiche, per tutte le caratteristiche, dicendo che questi sono tutti futili motivi ed elencando tutti i motivi? Ciò se vogliamo essere chiari. Ma, a nostro avviso, neanche serve, perché lo prevede l’articolo 3 della Costituzione che non devono esserci differenze davanti alla legge per motivi religiosi, di razza, di nazione, politici e via dicendo».
«Se ricevo uno schiaffo perché sono della Lega e di Verona», provoca Bragantini, «la mia offesa, dallo Stato, viene valutata meno che se fosse un’offesa per altri motivi; non mi sembra corretto e non è costituzionale». L’opposizione alla proposta di legge, secondo il deputato leghista, si fonda per il «contrasto con gli articoli 3 e 25 della nostra Costituzione», e sul relativo pericolo che essa vada «ad aprire le porte a leggi cui i leghisti sono totalmente contrari: quella del matrimonio tra omosessuali e delle adozioni da parte di omosessuali».
EUGENIA ROCCELLA
Prende la parola l’on. Eugenia Roccella (Pdl) dichiarandosi, innanzitutto, «molto dispiaciuta del fatto che il dibattito sia stato confinato in sessione notturna, su un provvedimento delicato come quello sull’omofobia, ma anche coinvolgente». Ricorda, fra l’altro, «che c’è stata già una seduta notturna in Commissione giustizia, in cui si è liquidato velocemente il testo unificato senza neanche prendere in esame gli emendamenti proposti dai parlamentari». Paventa, quindi, il pericolo che tale comportamento diventi un’abitudine, e che si finisca per «andare di notturna in notturna senza mai fare un dibattito veramente ampio, un dibattito che si rifletta anche nel Paese, non ideologico, dettagliato però, che entri nel merito del provvedimento».
La deputata pidiellina dopo aver contestato il metodo di inanellare racconti di aggressioni, di violenze e di singoli episodi contro omosessuali o transessuali», precisando che «Il problema, da legislatori, è quello di tutelare il più possibile in modo largo tutti quelli che possono essere vittime di discriminazioni o di violenze, e soprattutto di tutelare quelli che, tra l’altro, non hanno voce», pone seri dubbi sulla stessa gravità ed urgenza del problema relativo all’intolleranza omofobica nel nostro Paese. Cita, infatti, i dati contenuti nel rapporto del Pew Research Center, intitolato Dove l’omosessualità è più accettata, dai quali emerge che il 74 per cento della popolazione italiana accetta l’omosessualità, e che il nostro Paese si piazza al quarto posto mondiale, dietro gli Stati Uniti e il Canada, fra i Paesi che hanno fatto i più grandi passi avanti nell’accettazione dell’omosessualità negli ultimi anni, dal 2007 al 2013. E per avvalorare la tesi, prende ad esempio i casi di Crocetta e di Vendola, i quali, peraltro, con la loro elezione hanno smentito il luogo comune secondo cui nell’area meridionale del nostro Paese vigono forti pregiudizi omofobici.
Anche la Roccella, poi, censura l’idea che si possa ragionare per categorie, chiedendosi provocatoriamente se «adesso occorre fare una legge per difendere quelli che sono in sovrappeso». Denuncia, inoltre, i rischi derivanti dalla «incertezza in ordine alle ragioni e ai fini della condotta discriminatoria», giacché appare davvero arduo capire «quando si può parlare di discriminazione penalmente perseguibile, e quando si potrà dire di aver agito per omofobia in assenza di una specificazione normativa di un tale concetto». Evidenzia, infine, ciò che accade in Europa, in quegli Stati «che hanno fatto molto prima di noi leggi di questo genere», denunciando che «in moltissimi casi, tali norme hanno portato a vere e proprie discriminazioni, ingiustizie, e repressione della libertà di pensiero e di espressione».
Per l’on. Roccella, in realtà, sarebbe stato sufficiente «istituire un’aggravante agganciata all’articolo 61 del codice penale e allargata, oltre che all’orientamento sessuale, anche proprio a tutti i fattori personali previsti dal trattato di Lisbona», poiché tale «soluzione ragionevole non avrebbe protetto soltanto omosessuali e transessuali, ma anche tutte le fragilità personali che possono portare ad essere vittime di odio, violenza, bullismo e discriminazione».
GIAN LUIGI GIGLI
Interviene successivamente l’on. Gian Luigi Gigli (Scelta Civica), evidenziando come «per proteggere le persone omosessuali e transessuali si sia scelto di utilizzare lo strumento della legge Reale-Mancino che con loro non c’entra nulla, non potendosi certo a loro proposito parlare di discriminazioni per motivi razziali o etnici o falsamente religiosi». Se l’orientamento sessuale può essere causa di discriminazione o di violenza, secondo Gigli è lecito chiedersi se in Italia, Paese in cui l’omosessualità è stata depenalizzata un secolo prima di Paesi come il Regno Unito, gli omosessuali e transessuali siano davvero una minoranza discriminata e vi fosse dunque urgenza di questa legge. Cita il sondaggio Swg, Scenari di un’Italia che cambia, del giugno scorso, sulle categorie sociali più odiate, il quale ha rilevato, su un campione di 1.500 persone, che il 12 per cento degli interpellati considera “nemici” gli immigrati e persino un 1 per cento considera “nemici” i “terroni”, mentre nessuno degli intervistati ha dato questa risposta a riguardo degli omosessuali. Si potrebbe quindi benissimo dar ragione, secondo Gigli, a quanto scritto da Piero Ostellino sul Corriere della Sera.
Per lo stesso deputato di Scelta Civica «la normativa vigente in materia di reati contro la persona è ampiamente sufficiente, grazie anche all’aggravante prevista per i motivi abbietti, a punire i comportamenti che la proposta di legge in esame intende perseguire, senza introdurre per questo nuovi reati che attribuirebbero privilegi a favore di una categoria di persone in virtù dei suoi comportamenti sessuali, operando di fatto una discriminazione al contrario». Il vero intento dei promotori, secondo Gigli, è forse quello di volere «una legge-simbolo chiamata ad assolvere un compito pedagogico, minacciando la pena, non per tutelare il bene comune, ma per educare i cittadini ad una visione del mondo e della società, e per gettare discredito su chi ritiene che le differenze biologiche e psicologiche tra maschio e femmina costituiscono il presupposto ineliminabile per la famiglia, come società naturale fondata sul matrimonio e come cellula fondamentale del corpo sociale». Sul punto Gigli precisa: «Ce l’ha mostrato poco fa proprio l’onorevole Zan, sospettando appunto sentimenti omofobi in chi si ostina a sostenere la famiglia fondata da un uomo e una donna; colui che ritiene valida la legge naturale viene dunque sospettato di essere omofobo e quindi potenzialmente violento, indotto per questo a sentirsi in colpa». Lo stesso deputato Gigli insiste nel dire che «forse l’obiettivo non dichiarato è quello di intimidire la libertà di espressione, la libertà di insegnamento e la libertà delle istituzioni religiose di potere continuare a insegnare che Dio li creò maschio e femmina e che la famiglia e il matrimonio possono realizzarsi solo nell’unione tra un uomo e una donna». Denuncia, poi, il rischio che il provvedimento in discussione, se non sarà modificato dall’Aula, potrà essere usato come «cavallo di Troia» per «impugnare davanti ai tribunali le decisioni intenzionalmente discriminatorie, ma non per questo offensive o violente, che un’istituzione debba trovarsi costretta ad adottare per tutelare i propri fini ispiratori e i propri valori di riferimento», e potrebbe, inoltre, essere usato «per smantellare, in nome della non discriminazione, le leggi sulla famiglia, sull’adozione e sulla procreazione artificiale». A questo punto l’on. Gigli chiede un’esplicita esclusione dall’ipotesi di istigazione alla discriminazione, di alcuni casi esemplificativi, quali quello di «un insegnante che in una scuola pubblica si azzardi a definire il matrimonio tra uomo e donna come “l’unica forma di unione corrispondente al diritto naturale e utile al bene comune della società”, oppure, il caso di un giurista, che teorizzi l’inopportunità di riconoscere alle coppie omosessuali il diritto di adottare figli, oppure ancora, il caso di uno psicologo che si ostini a sostenere che un bambino, per crescere bene, ha bisogno di un padre e di una madre, ovvero il caso di un candidato al sacerdozio a cui venisse negato l’ingresso in seminario, a motivo della sua omosessualità, così come il caso di una scuola cattolica che rifiuti di assumere un insegnante perché sostenitore di una visione della sessualità e della famiglia in contrasto con le finalità educative della scuola stessa».
E’ per questo che lo stesso on. Gigli afferma di voler sfidare la buona fede dei proponenti, chiedendo di introdurre «una clausola di salvaguardia, che aiuti a interpretare l’autentico significato che il legislatore ha inteso dare alla nuova legge emendamenti». Si tratterebbe, a detta dello stesso deputato, «di ridurre il rischio che l’applicazione giurisprudenziale possa interpretare ed estendere in modo creativo l’orizzonte di questa legge, applicazione giurisprudenziale favorita proprio dal tipo di provvedimento, i cui confini indistinti lasciano ampi margini all’interpretazione dei pubblici ministeri».
FRANCESCA BUSINAROLO
Prende la parola l’on. Francesca Businarolo (M5S), la quale premette all’intervento la spiegazione del motivo per cui i deputati del MoVimento 5 Stelle indossino una triangolo rosa sul petto: «Vuole ricordare il marchio di stoffa che veniva attribuito agli omosessuali che venivano internati nei lager nazisti», in onore degli omosessuali italiani «relegati nel lager del silenzio e della mancanza di un diritto umano universale».
Accusa, poi, l’attuale maggioranza politica di aver «prodotto un testo anomalo e ridotto ad un mero accordo al ribasso tra due forze politiche che stanno dimostrando grande superficialità in tema di diritti umani», lamentando, soprattutto, l’eliminazione delle nozioni di «orientamento sessuale» e di «identità di genere» e «dell’opzione lungimirante (sic!) che avrebbe consentito di rieducare condannati presso associazioni legate al mondo LGBT».
BARBARA POLLASTRINI
Segue l’intervento dell’on. Barbara Pollastrini (PD) la quale conferma come «il gruppo del Partito Democratico sia impegnato con piena convinzione nel tagliare il traguardo di questa proposta di legge, una proposta di legge saggia ed equilibrata», dopo «venti anni di rinvii, rimozioni e bocciature, che, in sintesi, hanno aiutato un relativismo indifferente in un periodo in cui il nostro Paese, anche nel tempo più recente, è segnato da un’anestesia delle coscienze nei rispetti di questo e di altri diritti umani». Ricorda, poi, come la «genesi della nostra Carta sia legata alla tragedia della guerra e coeva a quell’olocausto che vide ebrei, zingari e omosessuali».
Sulle intenzioni di modificare il testo, l’on. Pollastrini ha il pregio della chiarezza e dell’onestà intellettuale: «Noi, come gruppo del Partito Democratico, avremmo voluto obiettivi più avanzati, anche con il riconoscimento dell’identità di genere e il riferimento più netto ad un’aggravante specifica, ma siamo qui con la volontà di compiere un primo atto significativo con questo testo unificato. Il dibattito dirà se vi sono le condizioni, come noi, peraltro, gradiremmo, per migliorare rafforzare questo testo, ma dobbiamo raggiungere il traguardo». Vedremo cosa riserverà il futuro.
Non poteva, infine, mancare il riferimento al Pontefice: «Qui semmai si tratta di aggiungere un dovere, un dovere di civismo, di tolleranza, di comunità; “Chi sono io per giudicare?” ha detto pochi giorni fa un Papa straordinario».
ILEANA CATHIA PIAZZONI
Prende successivamente la parola l’on. Ileana Cathia Piazzoni (SEL), la quale non fa alcuno sconto agli oppositori alla legge: «Allora, la mia opinione è che le obiezioni che si sollevano all’introduzione del reato di omofobia e transfobia, si basino banalmente sull’omofobia e la transfobia», si basino, cioè, «sull’idea che le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer e intersessuali non abbiano il diritto di essere quel che sono e quindi sia legittimo per chiunque affermare la non ammissibilità del loro essere e dei loro diritti». Compreso il diritto al matrimonio e all’adozione di minori, ci pare di capire.
Sempre nei confronti degli oppositori, la deputata di Sel diventa tranchant: «Presidente, nonostante si viva in questo tempo oscuro, una sorta di medioevo per il nostro Paese, io sono certa che un giorno non molto lontano le opinioni qui espresse contro questa proposta di legge verranno considerate alla stregua delle affermazioni degli schiavisti, dei sostenitori dell’apartheid o di chi pensava che concedere il diritto di voto alle donne fosse una aberrazione». Per la Piazzoni, inoltre, «dietro alla contrarietà a questa proposta di legge, non ci sono i timori di tenaci libertari» ma solo «la convinzione che discriminare le persone omosessuali e transgender sia una cosa non solo giusta, ma giustificata da un approccio etico e morale sul tema dei diritti della persona e della sua libertà di espressione e di realizzazione individuale». E a comprova dell’assunto cita l’articolo di Tommaso Scandroglio sulla Nuova Bussola Quotidiana, definito «sito web legato ai più retrivi ambienti cattolici», intitolato Discriminazione dei gay? A volte si deve.
Si scaglia, poi, contro l’idea di definire l’omosessualità come condizione non naturale: «È chiara, quindi, la volontà di camuffare, dietro lo schermo apparentemente neutro e politicamente corretto delle argomentazioni giuridiche, un giudizio negativo sull’omosessualità e transessualità, che è di matrice etica e morale, dunque non neutrale e non laico, certamente estraneo al campo di chi sostiene a spada tratta la libertà personale». E’ chiarissima, poi, su matrimonio e adozione: «L’Italia brilla per arretratezza e per indifferenza. Altrove, le persone dello stesso sesso possono formare nuclei familiari riconosciuti e tutelati dalla legge, le adozioni sono valutate in funzione del bene dell’infanzia, e non di un pregiudizio ideologico».
RAFFAELE CALABRÒ
Prende la parola l’on. Raffaele Calabrò (Pdl), ricordando come «da sempre la convocazione delle Camere nel mese di agosto sia stata associata alla necessità di approvare provvedimenti di natura economica o comunque per licenziare decreti-legge in scadenza», e come, invece, tale eccezione sia stata riservata per «discutere della proposta di legge per il contrasto dell’omofobia e della transfobia, un provvedimento che ha subito un’accelerazione agli occhi di molti ingiustificata e in un certo qual senso sospetta». Evidenzia, inoltre, come molti nell’Aula siano stati pronti «ad additare come integralisti cattolici, bigotti al servizio della Chiesa, coloro che hanno invitato ad una moratoria, alla riflessione su un tema, quale la tutela dei diritti degli omosessuali, che senz’altro va affrontato, ma con approfondito dibattito, con calma e buonsenso». Lo stesso Calabrò tiene a precisare che sul provvedimento in discussione «non è in atto una guerra tra guelfi e ghibellini, tra cattolici e laici, essendo tanti, infatti, i liberali d’antan che nutrono dubbi e perplessità sulla rapidità dell’iter e sulla necessità della legge». Cita, a questo punto, tra gli altri, anche l’editoriale di Piero Ostellino, sul Corriere della Sera, e l’articolo di Franca Sozzani, direttore di Vogue Italia, denunciando i rischi di «sudditanza culturale verso il politically correct professato da una parte del Paese che non rappresenta la maggioranza del Paese», e invocando il sacrosanto diritto alla libertà di opinione sancito dall’art. 21 della Costituzione.
MARCO RONDINI
Interviene l’on. Marco Rondini (Lega Nord) il quale esordisce ribadendo l’assoluta contrarietà del gruppo leghista al provvedimento in discussione, «perché stabilisce che la legge non è uguale per tutti, in quanto un’aggressione fisica ai danni di un omosessuale è più grave di un’aggressione ad un uomo o una donna che omosessuale non è», e perché se si «va a sanzionare chi ha il solo torto di pensare e parlare male secondo la vulgata del politicamente corretto, che è, poi, la tomba del buonsenso. secondo noi, si disarticolano le comunità».
Precisa Rondini che «non è certo con una legge che si vincono i pregiudizi, semmai, la battaglia andrebbe combattuta sul piano culturale, ma evitando di punire chi, a torto o a ragione, ad esempio, ritiene che la famiglia naturale vada avvantaggiata e, quindi, privilegiata, rispetto ad altri tipi di unione». E sul punto appare chiarissimo: «Domani, chi, intervenendo in pubblico esprimesse una preferenza per la famiglia naturale potrebbe vedersi contestata l’istigazione o la discriminazione dalle varie associazioni dell’antirazzismo, quell’antirazzismo in servizio permanente effettivo, che tanti danni hanno causato all’integrazione e alla lotta contro le discriminazioni, a causa del giacobinismo che, spesso, ne informa l’agire. Il relativismo imperante che informa il legislatore del mondo occidentale è per noi una malattia, una grave malattia, che mina la stabilità delle nostre comunità, e questa malattia induce cattivi legislatori a colpire la libertà di pensiero».
TANCREDI TURCO
Prende la parola l’on. Tancredi Turco (M5S) per ribadire che si tratta di «una legge assolutamente necessaria che deve finalmente porre un freno a quegli episodi di discriminazione e di odio insensato contro alcuni cittadini che, purtroppo, troppo spesso viviamo, leggiamo giornalmente nelle pagine di cronaca dei giornali e sentiamo nei telegiornali privo di tutele specifiche».
Il testo in discussione, però, secondo Turco, è «il frutto di un accordo tra PD e PdL che ha puntato al ribasso». Il deputato, nel denunciare la “tiepidezza” del testo rispetto ai diritti LGBT, pone un interessante problema, definito «enorme», relativo alla «determinatezza della norma», non risultando chiara «quale forma di omofobia si voglia punire: l’omofobia psico-patologica, quella interiorizzata, quella istituzionale, o quella detta discriminatoria». Secondo Turco, infatti, «i termini omofobia e transfobia risultano di difficile interpretazione perché non sono definiti in nessuna sentenza ed in nessuna legge del nostro ordinamento giuridico e obbligano, così, il giudice ad interpretazioni che potrebbero compromettere la portata dell’estensione della legge», ciò in quanto «non esiste un atto normativo vigente che faccia espresso riferimento a questi due concetti». Da qui la necessità di ripristinare i concetti di identità di genere e orientamento sessuale o, in subordine, di definire il concetto di omofobia e transfobia.
ALFREDO BAZOLI
Interviene successivamente l’on. Alfredo Bazoli (PD), per affermare che «l’approccio spesso un po’ pregiudiziale ed in qualche misura ideologico al tema non ha di certo aiutato ad affrontare nel modo corretto, a mio avviso, le questioni delle quali si deve occupare l’Aula».
BENEDETTO FRANCESCO FUCCI
Prende, poi, la parola l’on. Benedetto Francesco Fucci (Pdl) esprimendo le sue «forti riserve sulla presente proposta di legge», la quale «rischia di far sì che un principio di per sé giusto, ovvero l’affermazione del rispetto per gli altri, apra la porta a una giurisprudenza che potrebbe sanzionare anche associazioni, organizzazioni, movimenti o gruppi che si battono, ovviamente con strumenti leciti e senza alcun genere di violenza, in difesa della famiglia naturale o contro l’introduzione di leggi sui matrimoni tra omosessuali».
Per questo il deputato dichiara di rimanere «fermo nell’idea che sarebbe stato assai più consono sostenere – dovendo legiferare in materia attraverso la previsione dell’omofobia quale aggravante collegata ai reati contro la persona, ma – e qui sta il punto dirimente – alla pari di qualsiasi altra forma di discriminazione». Questo per evitare il rischio dell’introduzione di un reato di opinione.
GIULIA DI VITA
Prende la parola l’on. Giulia Di Vita (M5S) per ribadire le posizione del MoVimento 5 Stelle, e denunciare il «teatrino» del Partito Democratico.
MARIO SBERNA
Interviene, poi, l’on. Mario Sberna (Scelta Civica), esternando la propria perplessità sull’opportunità della discussione, considerando che «fuori dai cancelli delle aziende in cassa integrazione si parla d’altro, così come al mercato della frutta o in coda per l’ISEE», e che «la povertà in cui stiamo inesorabilmente scivolando, mentre peraltro i ricchi sono sempre più ricchi, sia considerata dai più la priorità». Al deputato non pare davvero che gli omosessuali italiani si sentano discriminati, mentre lo stesso nota una cosa diversa: «Se un maschio e una femmina si baciano in un luogo pubblico, vengono redarguiti dai vigili e nessuno ne parla più. Se, invece, il vigile urbano redarguisce una coppia omosessuale per lo stesso motivo, quella sera stessa in piazza vi sarà una manifestazione, una richiesta di sospensione dal servizio per il vigile e un’interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio».
Anche per quanto riguarda le asserite discriminazioni sul lavoro, l’on. Mario Sberna ha una sua idea personale: «La carriera nelle aziende in cui si sono conosciuti i miei amici gay e lesbo non ha trovato ostacoli. Al contrario, diverse donne con contratto a tempo determinato e promessa di un full-time sono state gentilmente accompagnate alla porta appena hanno comunicato al loro datore di lavoro di aspettare un bambino».
Lancia, poi, un allarme: «Ma in questo Parlamento nessuno si è accorto che nel 2008 i bambini sotto la soglia di povertà in Italia erano il 10 per cento e oggi sono il 30 per cento, collocando il nostro Paese al penultimo posto tra i Paesi cosiddetti sviluppati? In soli cinque anni siamo riusciti ad impoverire un terzo dei nostri figli: ma, secondo voi, e lo chiedo a tutti, e in particolare alla Presidenza, quale deve essere la priorità assoluta dell’agenda di questo Parlamento?». La domanda, peraltro, non pare davvero peregrina.
RAFFAELLO VIGNALI
Interviene l’on. Raffaello Vignali (Pdl) che esordisce richiamando il più volte citato editoriale di Piero Ostellino pubblicato dal Corriere della Sera e ricordando come, peraltro, il nostro codice penale già preveda già l’aggravante per motivi futili o abbietti e che «l’omofobia rientra sicuramente tra i motivi abbietti».
Esprime, poi, una preoccupazione: «Chi ci garantisce che i giudici non interpreteranno in modo creativo questa norma?», e, tanto per dare un esempio, invita «a guardare in Internet, facendo una ricerca con Google» per vedere come «chi nella scorsa legislatura aveva manifestato una posizione contraria alla legge sull’omofobia è stato bollato come omofobo». Precisa, per l’esattezza, che il suo stesso nome è stato taggato con l’immagine sull’omofobia. «E se questo domani fosse considerato da un magistrato notizia di reato?», si chiede, non del tutto infondatamente, l’on. Raffaello Vignali.
GIUSEPPE CIVATI
Prende la parola l’on. Giuseppe Civati (PD), che dopo aver bollato come «citazioni a sproposito» i dubbi sulla natura liberticida della legge in discussione, afferma con nettezza la necessità di non avere paura: «Ecco, in questi anni forse c’è stata una fobia per l’omofobia, c’è stata in quest’Aula, c’è stata nel dibattito politico, c’è stata una paura, un nervosismo e un fastidio verso questo argomento, che forse la dice lunga, non tanto sulla pericolosità di questa legge verso le differenti opinioni – perché questa mi sembra assolutamente destituita di ogni fondamento –, ma sul fatto che questo Paese deve affrontare con maggiore schiettezza e serenità argomenti come il presente». Invidiabili le certezze di Civati.
MILENA SANTERINI
Interviene l’on. Milena Santerini (Scelta Civica), la quale tenta di alzare il livello del dibattito pensando di «inserire la riflessione in un contesto storico più ampio, quello del percorso dei diritti umani che attraversa l’epoca moderna, trova le radici nella Dichiarazione di indipendenza del 1776, quella del 1789 e, infine, nel 1948». Aggiunge, poi, una digressione sulle «neuroscienze», che «con la scoperta dei neuroni specchio ci hanno spiegato questa nostra naturale empatia, queste risonanze emotive che sentiamo quando percepiamo il disagio degli altri». Tutto ciò perché, secondo la deputata, «la storia dei diritti umani è, quindi, la storia di come nel tempo si tenti di liberare la naturale empatia umana dalle incrostazioni di odio e di vendetta»
Così l’on. Santerini riconduce il ragionamento al tema in discussione: «C’è chi teme con qualche ragione che questo sovrapporsi di richieste di diritti sia una sorta di piano inclinato che conduce la società ad una sempre maggiore richiesta di diritti individuali di gruppo». E precisa: «Al di là di questo legittimo timore, vorrei invitare a riflettere su come siano l’alterità e le differenze che hanno portato a creare disuguaglianze sociali: il colore della pelle, il sesso, le caratteristiche fisiche, la diversità di lingua o di cultura hanno rappresentato il motivo per mettere in gerarchie le persone, i gruppi e i popoli, ma differenze e disuguaglianze sono due concetti diversi».
ALESSANDRO PAGANO.
Prende la parola l’on. Alessandro Pagano (Pdl) esortando chi ha fortemente insistito per l’approvazione della legge a «spiegare perché la discussione avvenga con modalità eccezionali ed inedite, in ora notturna e in margine ai lavori».
Quindi, per l’on. Pagano, delle due l’una: o il provvedimento non è più importante, oppure continua ad esserlo, ma lo si vuol far passare senza un effettivo approfondimento.
Discuterlo in quelle condizioni, secondo Pagano significa «disprezzo per la dialettica democratica;
timore che le ragioni espresse da chi si oppone a tale legge vengano ascoltate da qualcuno in più rispetto ai pochi intimi presenti; intenzione di arrivare al risultato a prescindere, perché così impone l’ideologia del culturalmente corretto e dei più forti; volontà di ignorare i rilievi non già confessionali verso questa legge, bensì di difesa della libertà di espressione, di insegnamento e di ricerca scientifica».
Per Pagano, «l’aver limitato a pochi minuti l’intervento in Aula di ciascun oratore – come questo di fatto è avvenuto con il timing che è stato stabilito –, non è che l’ulteriore tentativo di censura: meno si parla di questa legge, infatti, tanto più velocemente si riuscirà ad approvarla, anche se si tratta di una legge bavaglio, che limiterà fortemente la libertà di opinione e di espressione».
«Su questo, con tutti i mezzi democratici che ci sono dati, proseguiremo la battaglia» è la sfida pubblicamente lanciata dall’On. Alessandro Pagano. Conoscendo l’uomo, non dubitiamo che la manterrà.
FABRIZIA GIULIANI
Prende la parola l’on. Fabrizia Giuliani (PD), per lanciare «un appello a tutte le forze politiche a fare un passo avanti, nel segno del coraggio e del confronto: perché ne va della forza della politica, ne va del nostro stare insieme».
CHIARA SCUVERA
Interviene l’on. Chiara Scuvera (PD), la quale precisa che «sebbene mutilato» il testo in discussione, e lo stesso passaggio parlamentare rappresentano «una svolta epocale per l’affermazione dei diritti civili nel nostro Paese».
Per la Scuvera «con questa legge l’Italia sarà più europea, si allineerà ad altri grandi Paesi che hanno affrontato il fenomeno disegnando un ambito legislativo specifico, con questa legge l’Italia dà voce a quei ragazzi e a quelle ragazze che subiscono oggi gravi disagi esistenziali e discriminazioni per il proprio orientamento sessuale». Il punto, per la deputata, è che «dobbiamo dimostrare di essere un grande Paese, in linea e all’altezza della grande storia illuminista e dell’Europa».
MICHELA MARZANO.
Prende la parola l’on. Michela Marzano (PD), lanciando una domanda provocatoria: «Come si può anche solo osare pensare che in Italia la situazione non sia drammatica, per quanto riguarda la protezione delle persone omosessuali, transessuali, bisessuali, come ci è stato suggerito dall’onorevole Roccella e ancora dall’onorevole Gigli?». Precisa, poi, che «confondere orientamento sessuale e identità di genere come una qualunque patologia, come per esempio l’obesità, e non perché l’obesità sia una patologia qualunque, ma perché naturalmente non si possono confondere orientamento sessuale, identità di genere con una patologia se non ricadendo nelle ennesime confusioni che per secoli hanno bloccato i dibattiti, creato discriminazioni e incitato all’odio».
Ne ha anche per il povero Piero Ostellino: «Come si fa anche solo a pensare che una legge di questo tipo possa essere sbagliata, come si è letto alcuni giorni fa in un articolo, citato più volte questa sera in Aula, sul Corriere della sera, dove si è invocata in modo surreale la possibilità che una legge contro l’omofobia possa creare nuove forme di discriminazione, con la scusa che l’allargamento della legge Mancino agli atti di omofobia e di transfobia possa mettere a repentaglio la libertà di opinione di alcuni?». Dopo la retorica, il giudizio lapidario: «Chi si oppone a questa legge in fondo vuole che in Italia non cambi mai niente». Gli ignobili oppositori, infatti, per la deputata, «hanno talmente tanta paura che questa legge possa poi aprire la porta ad un dibattito serio sulle unioni civili e sul matrimonio gay, che preferiscono non fare nulla per proteggere chi avrebbe come sola colpa quella di non essere eterosessuale». Si concede, poi, ad una lezione di cristianesimo democratico: «E allora pretendono che, con questa legge, nessuno potrebbe più esprimere opinioni contrarie ai matrimoni gay senza essere punito, che nessuno potrebbe più proclamare ad alta voce ciò che insegnerebbe il Vangelo dimenticandosi forse che il messaggio del Vangelo è – prima di tutto – un messaggio d’amore, un messaggio inclusivo e rispettoso di ogni diversità e differenza, fino a pretendere che una legge contro l’omofobia, introducendo nuove forme di discriminazione, violerebbe il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione».
Per meglio esprimere la differenza tra insulto ed opinione, diventa colorita: «Mi si permetta di utilizzare un’espressione volgare che è un insulto e che non dovrei utilizzare in quest’Aula, ma quando qualcuno dice: ”frocio di merda” non sta esprimendo un’opinione». Secondo l’on. Marzano, il punto è che «a forza di incaponirsi a difendere posizioni ideologiche, sono in tanti a far finta di non capire che l’uguaglianza non implica l’identità e che, anzi, la vera uguaglianza la si raggiunge solo quando si rispettano e si proteggono tutte le differenze». Ringraziamo, comunque, per la lezione non richiesta.
Alle ore 23.45 la seduta è dichiarata chiusa. Ne riparleremo a settembre.
Fonte: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-omofobia-un-dibattito-inquietante-7048.htm