DIVORZIO BREVE, CONQUISTA DI INCIVILTÀ
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- Pubblicato Martedì, 16 Giugno 2015 22:57
di Massimiliano Fiorin
Ancora una volta si è fatto finta di non vedere. Il divorzio breve appena approvato dal Parlamento è solo l’ultimo tassello di un processo di disgregazione della famiglia, che nel nostro Paese è in atto da ormai quarant’anni. Le cause del fenomeno sono tutte nel divorzio facile e incondizionato, che ha alla base la cosiddetta “cultura dei diritti”. Un modo di pensare diffuso, che tuttavia guarda solo alle ragioni – e soprattutto ai desideri – dell’individuo adulto, e non tiene conto delle esigenze degli altri componenti della famiglia, in primo luogo dei figli.
In Italia non si riesce a avviare su questo problema un dibattito veramente informato e consapevole. Eppure, questa pretesa “cultura del divorzio” ha già arrecato, e continuerà a arrecare al nostro Paese per chissà quanti altri anni, costi economici enormi. Per non parlare dei costi esistenziali, derivanti dall’aumento dei malesseri e dei disagi psicologici che colpiscono le decine di migliaia di persone che ogni anno vengano interessate da nuove separazioni o divorzi. Si tratta di costi indiretti che alla lunga si traducono anch’essi in un disastro economico, visto che il divorzio facile è un potente generatore di impoverimento, ma anche di devianza sociale.
Sono tanto enormi quanto poco conosciuti, infatti, i malesseri psicologici conseguenti alla disgregazione familiare che da anni, in misura sempre crescente, colpiscono l’intera società. Violenze domestiche, suicidi, depressione, alcolismo, disoccupazione e perdita del valore del lavoro, abbandoni scolastici, emarginazione, criminalità giovanile, fallimenti individuali e collettivi. Sono tutti fattori che, direttamente o indirettamente, hanno il divorzio facile proprio – o dei propri genitori – tra le principali concause. Ma tutto questo nessuno dei nostri politici sembra vederlo, né tanto meno lo vuole ammettere. Essi preferiscono trincerarsi dietro la retorica dei “nuovi diritti”, al punto che la relatrice di quest’ultima legge di riforma, Alessia Morani, ha potuto tranquillamente rifugiarsi in trionfalismi che sarebbero stati fuori luogo anche negli anni settanta, e dichiarare che il divorzio breve sarebbe addirittura “una conquista di civiltà”.