FAMIGLIA, QUESTIONE ANTROPOLOGICA
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- Pubblicato Lunedì, 13 Gennaio 2014 00:08
REGISTRAZIONE INTEGRALE DELLA DIRETTA STREAMING DA MATELICA (MC)
Incontro con l'Avv. Gianfranco Amato svoltosi venerdì, 18 marzo 2016
MONSIGNOR SCICLUNA DIFENDE LA FAMIGLIA A MALTA
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- Pubblicato Mercoledì, 08 Gennaio 2014 23:18
Durante la Messa del Santo Natale 2013, il Vescovo ausiliare di Malta, mons. Charles Scicluna, dal pulpito, ricorda ai fedeli che «il Figlio di Dio è venuto al mondo in una famiglia composta da un uomo e una donna, e non da due uomini o da due donne». Aggiunge, poi, una dura reprimenda contro le adozioni di minori da parte di coppie dello stesso sesso. Insorgono i media, accusandolo di aver usato espressioni «divisive». Mons. Scicluna, a cui non manca il piglio coraggioso, ribadisce di avere dalla sua parte la più alta autorità della Chiesa cattolica.
Si scopre, così, che lo stesso Vescovo il 12 dicembre si è incontrato con Papa Francesco, al quale ha esternato le sue preoccupazioni per la proposta legislativa di introdurre nell’ordinamento maltese la possibilità delle adozioni gay. Scicluna dichiarerà il 29 dicembre al “Sunday Times of Malta” che lo stesso Santo Padre, rimasto «letteralmente scioccato» nell’apprendere la notizia, lo ha incoraggiato a criticare pubblicamente la proposta di legge («the Pope was shocked by Malta’s Civil Unions Bill, which will allow gay couples to adopt children, (…) and he encouraged me to speak out»).
L’INFELICE SORTITA DI MONS. MOGAVERO
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- Pubblicato Martedì, 07 Gennaio 2014 09:57
Sconcerta e disorienta l’ultima uscita del Vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, circa l’apertura della Chiesa cattolica al riconoscimento legale delle unioni di fatto tra omosessuali.
Secondo il presule, infatti, non solo la legge «non può ignorare centinaia di migliaia di conviventi» (compresi, conseguentemente, quelli dello stesso sesso), ma contrasterebbe persino «con la misericordia cristiana e con i diritti universali il fatto che i conviventi per la legge non esistano». Per questo, sempre secondo mons. Mogavero, appare «legittimo riconoscere diritti come la reversibilità della pensione o il subentro nell’affitto, in virtù della centralità della persona», e insostenibile «che per la legge il convivente sia un signor Nessuno».
Il Vescovo di Mazara del Vallo conosce, assai meglio di chi scrive, quale sia la posizione della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’unica fonte autorevole legittimata ad esprimersi in materia.
L’ultima posizione ufficialmente espressa dalla predetta Congregazione sulla questione è costituita dall’ottimo documento redatto il 3 giugno 2003 – a firma dell’allora Prefetto Card. Joseph Ratzinger – intitolato Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali. In quel corposo documento vi è un apposito capitolo, il terzo, intitolato Argomentazioni razionali contro il riconoscimento legale delle unioni omosessuali. In esso si articola l’opposizione al riconoscimento attraverso quattro differenti prospettive: di ordine relativo alla retta ragione; di ordine biologico e antropologico; di ordine sociale; di ordine giuridico.
Sul primo ordine (relativo alla retta ragione), l’organismo della Curia romana incaricato di vigilare sulla purezza della dottrina della Chiesa cattolica sostiene quanto segue:
«Il compito della legge civile è certamente più limitato riguardo a quello della legge morale, ma la legge civile non può entrare in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di obbligare la coscienza. Ogni legge posta dagli uomini in tanto ha ragione di legge in quanto è conforme alla legge morale naturale, riconosciuta dalla retta ragione, e in quanto rispetta in particolare i diritti inalienabili di ogni persona. Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell’istituzione matrimoniale, all’unione tra due persone dello stesso sesso. Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare un’istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio.
LA STRATEGIA ORWELLIANA DELL'UNAR
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- Pubblicato Sabato, 04 Gennaio 2014 15:31
di Gianfranco Amato
Dopo la pubblicazione delle Linee Guida per i giornalisti italiani in materia di omofobia e transfobia, e le polemiche seguite, e i programmi di indottrinamento all’ideologia gender in diverse scuole italiane, per capire meglio la prospettiva verso cui ci stiamo avviando vogliamo riprendere in mano il documento che è all’origine di questa “rivoluzione”, la cui drammatica pericolosità noi avevamo già denunciato al momento della pubblicazione da parte dell’UNAR (Ufficio Nazionale anti discriminazioni razziali) e del Dipartimento delle Pari Opportunità sotto la gestione Fornero (governo Monti). Si tratta della Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015).
Già l’incipit del documento è inquietante: «Per promuovere efficacemente» le misure del piano strategico proposte anche a livello locale «risulta utile coinvolgere le reti di prossimità quali, ad esempio, i centri regionali antidiscriminazione, i nodi provinciali, le antenne UNAR e le altre strutture messe in campo dagli organismi del decentramento amministrativo (circoscrizioni, municipi, etc), con l’obiettivo di intercettare e raggiungere in modo capillare» le sacche di discriminazione omofoba presenti nel nostro Paese. Uno strumento importante, di cui si parla nel documento, è la RE.A.DY, ovvero la Rete nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale ed identità di genere.
Ma un leggero brivido scorre lungo la schiena quando viene spiegata l’esistenza dell’OSCAD, « uno strumento operativo, composto da rappresentanti della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, istituito il 2 settembre 2010, nell’ambito della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, per prevenire e contrastare gli atti discriminatori che costituiscono reato e per rimuovere i “residui” di pregiudizio che, in alcuni casi, permangono ancora nell’ambito dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza rispetto alle differenze, sia verso l’“esterno” sia all’“interno”». Si precisa anche che «l’OSCAD mira ad agevolare (sic!) le denunce di atti discriminatori che costituiscono reato, anche in considerazione dell’appartenenza delle vittime a categorie sociali particolarmente vulnerabili», e «a tal fine, è stato attivato un indirizzo di posta elettronica dedicato (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.) cui possono essere inviate, anche in forma anonima, segnalazioni di atti discriminatori».
Tutta la vicenda comincia ad assumere sempre più un vago e sinistro sapore orwelliano.
PROLIFE NEWS LANCIA UNA PETIZIONE CONTRO LA “STRATEGIA” DELL’UNAR E LE DIRETTIVE DELL’OMS: PROTEGGIAMO I BAMBINI
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- Pubblicato Martedì, 24 Dicembre 2013 10:33
La petizione sarà indirizzata a: il Presidente del Consiglio dei Ministri; il Ministro degli Interni; il Ministro dell’Istruzione; il Ministro per le Pari Opportunità; il Ministro della Salute; l’Autorità Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza; la Commissione Parlamentare per l’infanzia.
Contro la "Strategia nazionale" dell’UNAR
Con la presente petizioni chiediamo, in primo luogo, che si prendano provvedimenti per disapplicare e ritirar2e la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015)” emanata dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, parte del Dipartimento per le Pari Opportunità. Questo documento infatti, piuttosto che promuovere valori veri, condivisi dal popolo italiano e coerenti con la Costituzione, promuove una vera e propria ideologia contro natura, sostenuta da una esigua minoranza, e che contrasta in molti punti con i principi costituzionali. (…).
Contro gli “Standards for Sexuality Education in Europe” dell’OMS
In secondo luogo, (…) chiediamo, in modo preventivo, che non venga data nessuna attuazione a, né vengano recepite in alcun modo da alcuna istituzione nazionale, le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’educazione sessuale, denominate: “Standards for Sexuality Education in Europe” (“Standard di Educazione Sessuale in Europa”) ed emanate, specificamente, dal “WHO Regional Office for Europe” e dal “BZgA”.
Anche in questo documento si accoglie almeno parzialmente l’ideologia del genere (…) [ed esso propone] un’educazione sessuale sostanzialmente edonista, che parifica ogni “orientamento sessuale”, che promuove contraccezione e aborto come unici rimedi alle “gravidanze indesiderate”, che si basa su una sessualizzazione precoce del bambino, e che, almeno in un punto, istiga a comportamenti che potrebbero integrare la fattispecie di pedofilia. (…).
Per tutti questi motivi
Chiediamo dunque che venga posto in essere dalle autorità competenti ogni provvedimento necessario perché si ritiri, disapplichi, oppure perché si impedisca il recepimento e l’applicazione, della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015)” e degli “Standards for Sexuality Education in Europe”. Nel caso di inerzia le stesse autorità si renderebbero gravemente complici della corruzione dell’infanzia e della lesione di diritti fondamentali degli individui e delle famiglie, ponendosi così fuori da ogni legalità, anche costituzionale.
MOBILITIAMOCI CONTRO LA DERIVA PEDOFILA
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- Pubblicato Lunedì, 16 Dicembre 2013 01:34
di Gianfranco Amato
E’ ormai considerato un punto di arrivo ineludibile. Dopo lo sdoganamento culturale, politico e giuridico dell’omosessualità, ora tocca alla pedofilia. Diversi sono, purtroppo, i segnali che da tempo fanno apparire sempre più verosimile questo scenario agghiacciante.
Certo non aiuta la notizia della recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, con la quale è stata sollecitata l'applicazione dell’attenuante del «caso di minore gravità» di cui all'art. 609-quater, quinto comma, del Codice Penale, per un’ipotesi di plurimi rapporti sessuali completi tra un sessantenne ed una bimba di undici anni, sulla considerazione che tra autore del reato e vittima vi eraun “rapporto amoroso”, e che la vittima era innamorata dell’adulto. Il punto è che tale pronuncia, inaccettabile sotto il profilo giuridico, ammettendo la possibilità di una relazione amorosa tra un uomo di sessant’anni ed una undicenne, rischia di offrire il destro, anche se in modo involontario, a quella preoccupante deriva ideologica che tende a fare riconoscere la pedofilia non quale grave e depravata patologia, ma come semplice orientamento sessuale.