Pillola del giorno dopo - I Giuristi per la Vita ed altre quattro associazioni ricorrono al Tar del Lazio
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- Pubblicato Venerdì, 04 Aprile 2014 13:24
di FRANCESCO OGNIBENE
Cinque associazioni cattoliche contro la pillola del giorno dopo.L’Associazione giuristi per la vita, l’Unione cattolica farmacisti italiani, il Forum delle associazioni familiari, l’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici e l’Associazione Pro Vita hanno depositato ieri un ricorso al Tar del Lazio contro la determinazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) del 17 dicembre 2013, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 4 febbraio, nella quale veniva accolta la richiesta avanzata dalla casa farmaceutica produttrice di modificare il "bugiardino" del Norlevo – nome commerciale del farmaco meglio noto come "pillola del giorno dopo" – omettendo la citazione della sua potenziale abortività per limitarsi a citare gli effetti di inibizione o di ritardo dell’ovulazione.
Un simile intervento dell’organismo pubblico di farmacovigilanza, dipendente dal Ministero della Salute, ha l’effetto di evitare la catalogazione del Norlevo tra i farmaci abortivi, dunque soggetti alla disciplina della legge 194 (incluso il diritto all’obiezione di coscienza), spostandolo nella categoria degli anticoncezionali.
La strategia dei fautori della cosiddetta "contraccezione d’emergenza" è chiara: giungere a una regolamentazione analoga a quella vigente in Francia (l’azienda che produce il farmaco è la francese Laboratoire Hra Pharma) dove – come si legge sul sito della casa farmaceutica – Norlevo è «il primo prodotto contraccettivo ormonale disponibile senza obbligo di prescrizione e il primo prodotto disponibile gratuitamente sotto i 18 anni». Un farmaco da banco, come chiede una storica campagna dei radicali.
OMOFOBIA, CI VOGLIONO IMBAVAGLIARE E NOI FACCIAMO RICORSO AL TAR
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- Pubblicato Lunedì, 24 Marzo 2014 23:21
Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana, ha impugnato presso il T.A.R. del Lazio il famigerato decalogo dell’UNAR «per una rispettosa informazione delle persone LGBT», avvalendosi dell’assistenza legale dei Giuristi per la Vita (vedi allegato in fondo all'articolo). E' il primo - e per ora unico - giornalista che abbia sfidato la dittatura del politicamente corretto.
Stiamo parlando, per chi non avesse seguito la cronaca, di quel documento (“Linee guida per un'informazione rispettosa delle persone LGBT”) che La Nuova BQ ha denunciato per prima (leggi qui): dopo aver ricordato ai giornalisti che dovranno usare sempre l’acronimo LGBT, impone, tra l’altro, di non confondere il «sesso biologico», che riguarda i cromosomi e la fisiologia degli apparati genitali, con l’identità di genere, che viene definita come «il senso intimo, profondo e soggettivo di appartenenza alle categorie sociali e culturali di uomo e di donna, ovvero ciò che permette a un individuo di dire “io sono un uomo, io sono una donna”, indipendentemente dal sesso anatomico di nascita».
E’ quel documento che vieta, tra l’altro, di usare espressioni quali «famiglia naturale» o «famiglia tradizionale», o espressioni quali «famiglia gay» o «famiglia omosessuale» per intendere il nucleo in cui i genitori sono dello stesso sesso, dovendosi preferire la locuzione «famiglie omogenitoriali», oppure «famiglie con due papà, due mamme, ritenendo «meglio ancora parlare, semplicemente, di famiglie» ed evitare di contrapporre tali realtà al concetto di «famiglie tradizionali».
«MI DENUNCIO: SONO OMOFOBO E PRONTO AD ANDARE IN GALERA»
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- Pubblicato Domenica, 16 Febbraio 2014 16:48
Stefano Lorenzetto intervista Gianfranco Amato
Gli alunni devono portarsi da casa la carta igienica perché mancano i soldi, ma la Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso l’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), ha deciso che fosse prioritario fornire alle scuole di ogni ordine e grado «gli strumenti per approfondire le varie tematiche legate all’omosessualità». Primo strumento: «I rapporti sessuali omosessuali sono naturali? Sì». Purtroppo però «un pregiudizio diffuso nei Paesi di natura fortemente religiosa è che il sesso vada fatto solo per avere bambini». Quindi i signori docenti sono invitati a porre agli allievi un’altra domanda: «I rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?». Secondo strumento: «Nell’elaborazione di compiti, inventare situazioni che facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed espressioni di genere. Per esempio: «Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?». L’obiettivo è che maestre e professori possano «essi stessi diventare «educatori dell’omofobia». A Palazzo Chigi, già poco ferrati nell’aritmetica dei conti pubblici, devono essere assai scarsi anche in italiano.
C’è scritto questo e molto altro nei tre opuscoli intitolati Educare alla diversità a scuola commissionati dal Dipartimento per le Pari opportunità all’Istituto A.T. Beck per la terapia cognitivo-comportamentale, con sedi a Roma e Caserta, destinati alle scuole primarie e secondarie per dare concreta attuazione alla Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Quando Gianfranco Amato, 52 anni, avvocato di Varese, ha letto le linee guida che il governo intende perseguire nel triennio 2013-2015 sotto l’egida del Consiglio d’Europa, non credeva ai propri occhi. Non solo perché la gestione del progetto risulta affidata al Gruppo nazionale di lavoro Lgbt (acronimo di lesbiche, gay, bisessuali e transgender), «formato da 29 associazioni tutte e solo di quella sponda, come Arcigay, Arcilesbica e Movimento identità transessuale», ma anche perché ha scoperto che in Italia è stata creata a sua insaputa una forza speciale per mettere in riga gli omofobi: «Si chiama Oscad, cioè Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, ed è composto da polizia e carabinieri. La sigla ricorda l’Ovra fascista. Ormai siamo a uno zelo da far invidia al Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda di quel malefico genio dell’indottrinamento di Stato che fu Joseph Goebbels».
I "LIBELLI EDUCATIVI" ANTIOMOFOBI
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- Pubblicato Mercoledì, 12 Febbraio 2014 00:00
Gianfranco Amato
L’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale (Unar), organismo del Dipartimento delle Pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha commissionato all’associazione scientifico-professionale «Istituto A.T. Beck» di Roma – un gruppo di psicoterapeuti di orientamento cognitivo-comportamentale – la redazione di tre opuscoli intitolati «Educare alla diversità a scuola», rispettivamente per la scuola primaria, per la scuola secondaria di primo grado e per quella di secondo grado. La firma in calce è della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari opportunità, Unar Ufficio nelle persone dell’avvocato Patrizia De Rose e del dottort Marco De Giorgi.
Si tratta delle «Linee-guida per un insegnamento più accogliente e rispettoso delle differenze», il cui contenuto è suddiviso in quattro capitoli: «Le componenti dell’identità sessuale», «Omofobia: definizione, origini e mantenimento», «Omofobia interiorizzata: definizione e conseguenze fisiche e psicologiche», «Bullismo omofobico: come riconoscerlo e intervenire».
Potrebbe apparire l’ennesimo tentativo di iniziare gli studenti alla teoria del gender e alla Weltanschauung ispirata dalle lobby gay, con alcuni tratti capaci di sfiorare il ridicolo. Valga per tutti un esempio: «Nell’elaborazione di compiti, inventare situazioni che facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed espressioni di genere. Per esempio: “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”» (pag.6). In realtà, il tema si fa assai più serio, quando si leggono altri passi di quegli opuscoli in cui si afferma, ad esempio, che «i tratti caratteriali, sociali e culturali, come il grado di religiosità, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo», e che «appare evidente come maggiore risulta il grado di cieca credenza nei precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità che un individuo abbia un’attitudine omofoba».
ECCO COME VOGLIONO "RIEDUCARE" I NOSTRI FIGLI
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- Pubblicato Lunedì, 10 Febbraio 2014 23:42
Quarantasei fiabe "gay" distribuite negli asili nido e nelle scuole materne. Ha fatto rumore nei giorni scorsi l'iniziativa della Giunta comunale di Venezia, ma è bene sapere che non si tratta di una iniziativa spontanea, la bella pensata di qualche amministratore locale. Essa non è altro che l'attuazione di direttive nazionali che partono dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), di cui abbiamo già avuto modo di parlare, in attuazione della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)”. La scuola è uno dei principali obiettivi di questa strategia e quello a cui stiamo assistendo è soltanto l'inizio, come l'articolo che segue dimostra.
Torniamo a parlare della strategia gender sui banchi di scuola. L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari Opportunità, ha pubblicato una trilogia di manuali dal titolo “Educare alla diversità a scuola”. I testi sono stati redatti dall’Istituto A. T. Beck, istituzione schieratissima a favore dell’omosessualità e quindi ultra-sospetta di partigianeria. Un po’ come chiedere un giudizio obiettivo sull’Inter ad un Club di interisti.
Riportiamo qui di seguito il contenuto e alcuni stralci di questi tre volumi, destinati agli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori. Il tema dovrebbe essere quello del bullismo, nelle sue varie forme, ma in realtà i tre manuali sono dedicati quasi esclusivamente neppure al bullismo omofobico, bensì all’omosessualità in quanto tale. Dietro al pretesto di asserite discriminazioni si coglie l’opportunità di indottrinare le giovani menti al credo gay.
In tutti e tre i volumi ci sono sezioni identiche: un glossario, un esempio di manifesto antibullismo da appendere a scuola, una lettera prestampata per i genitori dove li si invita ad un incontro, lezioni ad hoc tenute dai docenti con tanto di domande e risposte già confezionate (l’insegnante deve solo ripetere pedissequamente), il suggerimento di istituire un referente anti-bullismo a cui rivolgersi e un capo ronda cibernetico che controlli se in rete qualche studente prende in giro un suo compagno omosessuale, un questionario per gli studenti e una lista di film pro-omosessualità utili per un cineforum.
LA PROFESSORESSA ADELE CARAMICO RINGRAZIA PUBBLICAMENTE I GIURISTI PER LA VITA
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- Pubblicato Venerdì, 28 Novembre 2014 13:31