LEGGE OMOFOBIA, LE BUGIE DI SCALFAROTTO
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- Pubblicato Domenica, 31 Agosto 2014 22:59
In un’intervista pubblicata sul quotidiano online Giornalettismo all’on. Ivan Scalfarotto è stata posta questa domanda: «Chi esprime un’idea contraria al matrimonio omosessuale o alle unioni civili, rischia la galera?». Questa la risposta dell’ineffabile Sottosegretario ai rapporti con il parlamento: «Assolutamente no. E per due motivi fondamentali. Il primo è che qui stiamo parlando dell’estensione della legge Reale-Mancino, che non ha mai colpito le opinioni. Poi c’è la costituzione che protegge la libertà di pensiero eppure, non contenti di questo, ci abbiamo messo l’emendamento Verini che esplicitamente fa salve le opinioni».
Con un’unica risposta Scalfarotto è riuscito a dire due cose non vere. Analizziamole entrambi partendo da quella relativa alle conseguenze della Legge Mancino. Evidentemente i numerosi impegni politici del deputato PD (compresa la sua candidatura alla leadership nazionale del centrosinistra alle elezioni primarie de L'Unione del 2005) lo hanno tenuto lontano dalla cronaca giudiziaria. Basta ricordarne due tra i numerosi casi di applicazione della Legge Mancino, per far capire all’attuale Sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, qual è l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione sul tema.
Cominciamo dal primo. Nel 2001 l’attuale sindaco di Verona Flavio Tosi - insieme alla moglie Barbara e ai compagni di partito Matteo Bragantini, Enrico Corsi e Maurizio Filippi – viene rinviato a giudizio su accusa del procuratore Guido Papalia per aver violato proprio la legge Mancino, partecipando attivamente alla campagna di protesta, organizzata dalla Lega Nord di Verona contro un campo nomadi abusivo intitolata “No ai campi nomadi. Firma anche tu per mandare via gli zingari dalla nostra città”. Nel 2005 tutti gli imputati vengono condannati a sei mesi di reclusione e a tre anni di interdizione dai pubblici uffici, con la motivazione che gli stessi imputati hanno «diffuso idee fondate sulla superiorità e sull'odio razziale ed etnico e incitato i pubblici amministratori competenti a commettere atti di discriminazione per motivi razziali ed etnici e conseguentemente creato un concreto turbamento alla coesistenza pacifica dei vari gruppi etnici nel contesto sociale al quale il messaggio era indirizzato».
RADIO MATER (29/8/14) "ACCOGLIAMO LA VITA" DI G. GIBERTINI (PARTE) - INTERVENTO AVV. G. AMATO
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- Pubblicato Domenica, 31 Agosto 2014 22:55
MARCO COBIANCHI SU SIMONCINI SI È CERTAMENTE SBAGLIATO
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- Pubblicato Venerdì, 29 Agosto 2014 11:14
di Gianfranco Amato
Marco Cobianchi su “Italia Oggi” riferisce di un intervento udito mentre vagava tra le gremite sale del Meeting ciellino di Rimini. La voce era quella del Prof. Andrea Simoncini, docente di diritto costituzionale a Firenze, mentre le parole che hanno colpito Cobianchi sono state le seguenti: «Il vero tradimento di Giuda non è stato quello di consegnare Gesù ai gendarmi, ma quello di non aver voluto credere ai suoi occhi, e cioè che Gesù faceva i miracoli. Quindi il suo primo tradimento è verso la realtà, non verso Gesù». Giacché il tema trattato era quello relativo ai «nuovi diritti», Cobianchi se chiesto cosa c’entrasse l’uscita di Simoncini sul tradimento della realtà, e si è dato questa risposta: «Secondo me c'entra, perché non si può negare che la realtà sia diversa da come anche i ciellini vorrebbero che fosse. Come noi tutti vorremmo che fosse. Se non si riconosce che la realtà è diversa, si tradisce. Se si vuole imporre ciò che si ha in testa a ciò che si ha di fronte agli occhi, allora si diventa violenti. E’, invece, ciò che si ha di fronte agli occhi, che si impone a ciò che hai nella testa sennò, oltre che traditore, sei pure un pirla». Secondo Cobianchi, quindi, Simoncini sarebbe un cinico positivista che riconosce ai giuristi il solo compito di regolare gli effetti di una realtà che si autodetermina e si impone oggettivamente, risultando “ideologico” ogni tentativo di modificarla, o di impedirne l’avveramento, in quanto tale tentativo si risolverebbe nell’arbitraria e violenta imposizione di una particolare Weltanschauung non condivisa dalla totalità dei soggetti di diritto. Non possiamo credere che Simoncini abbia in testa un simile pensiero, e Cobianchi si è certamente sbagliato.
L’ALLEGRA E SEMPLIFICATORIA GIURISPRUDENZA DELLA CONSULTA, CHE NON VUOL VEDERE LA VORAGINE NORMATIVA
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- Pubblicato Venerdì, 29 Agosto 2014 11:05
di Gianfranco Amato
Afronte del dubbio insorto circa l’esistenza di un vuoto normativo innescato dalla sentenza della Consulta dello scorso aprile con cui si è aperta la possibilità di attuare la fecondazione eterologa, il presidente della Corte, Tesauro, ha affermato che “i centri di fecondazione assistita autorizzati possono praticare già ora l’eterologa, purché rispettino tutti quei paletti che la legge 40 ha fissato per la procreazione medicalmente assistita in generale e tutti i meccanismi di controllo pubblico previsti e magari talvolta insufficienti”, peraltro ammettendo che esiste un “punto di un certo rilievo” da regolamentare, quello del numero delle possibili donazioni di gameti.
Conclusione a dir poco semplificatoria. Sul piano storico, lo si deve riconoscere, la Corte si è espressa in termini categorici nel ritenere che la declaratoria di incostituzionalità non apre un vuoto normativo con riguardo al requisito dei profili soggettivi per accedere all’eterologa (coppia di persone di sesso diverso, ecc.), e ha in tal senso richiamato il vigente art. 5 della legge 40. Ma non altrettanta sicurezza ha dimostrato nel ritenere che non si aprano vuoti normativi sotto il profilo oggettivo. La stessa ammissione di Tesauro con riguardo al “punto di un certo rilievo” privo di regolamentazione, suffraga d’altronde questa lettura.
Spostiamo l’attenzione sul merito. La legge 40 è nata come disciplina improntata al radicale divieto di praticare la fecondazione eterologa, e cioè attuata con gameti estranei alla coppia; come disciplina improntata ad un’intrinseca e totale trasparenza, non essendo immaginabile, per ragioni connaturali alla fecondazione autologa stessa, l’anonimato; come disciplina caratterizzata da limiti procreativi evidenti, che coincidono con i limiti stessi che una coppia ha di mettere al mondo un numero (comunque) modesto di figli. L’eterologa al contrario sovverte, o è comunque idonea a sovvertire, in misura parziale o totale, tutti – nessuno escluso – i principi or ora sinteticamente esposti. Ne consegue che una pronunzia con cui ci si limita a scardinare un (non banale) impianto giuridico, introducendo al suo interno il contrario di ciò che quell’impianto prevedeva come essenziale, rende fisiologico il crearsi di un conflitto fra il sistema originario e la radicale negazione dello stesso.
DECRETO ZINGARETTI, UN ASSALTO ALLA LIBERTÀ DEI MEDICI
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- Pubblicato Lunedì, 04 Agosto 2014 08:24
L’obiezione di coscienza in tema di interruzione volontaria della gravidanza continua a rappresentare la vera bête noire della potente lobby abortista. Gli attacchi giungono da tutti i livelli anche in Italia. Ne è un caso il decreto emanato dal Presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, nella sua qualità di Commissario ad acta per la sanità della medesima regione. Già il titolo di quel provvedimento manifesta il consueto velo di pelosa ipocrisia che usualmente ammanta gli atti giuridici in tema di aborto. Basta leggere: «Rete per la Salute della Donna, della Coppia e del Bambino: ridefinizione e riordino delle funzioni e delle attività dei Consultori Familiari regionali». Il grado di ipocrisia non è molto dissimile dall’incipit del titolo della stessa legge 194/78, quella che regola la procedura di aborto in Italia: «Legge per la tutela sociale della maternità (…)».
Del resto, il fenomeno è conosciuto nella storia dell’umanità: si autorizzano i crimini senza avere il coraggio di chiamarli per nome. Cosa dice, comunque, il decreto Zingaretti è presto detto. Si stabilisce che il personale obiettore operante nei consultori familiari, pur non essendo coinvolto materialmente nella pratica dell’aborto, è in ogni caso obbligato a partecipare alla redazione delle certificazioni e delle autorizzazioni che la precedono. Già questa disposizione contrasta palesemente l’art. 9 della stessa Legge 194, il quale stabilisce che «il personale sanitario non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 (dove per l’appunto si disciplina il processo di certificazione e autorizzazione che precede l’aborto stesso) e agli interventi per l’interruzione della gravidanza, qualora sollevi obiezione di coscienza». Inoltre, lo stesso decreto Zingaretti prevede che il personale medico obiettore dei consultori sia tenuto alla prescrizione di “contraccettivi” ormonali, anche post-coitali (leggi: varie pillole abortive) e all’applicazione di sistemi meccanici, quali la spirale anch’essa abortiva. Anche in questo caso il contrasto con il citato art. 9 appare eclatante. A tutto ciò aggiungiamo che gli ultimi dati ufficiali a disposizione ci mostrano una situazione di fatto che contrasta con l’asserita esigenza di affrontare il problema di un eccessivo numero di medici obiettori. Nella regione Lazio, infatti, il ritmo di lavoro è pari a quattro aborti a settimana, considerando quarantaquattro settimane lavorative, per ciascun medico non obiettore. Si tratta, quindi, di un fenomeno assolutamente limitato. In più si può aggiungere che in caso vi fosse davvero un’esigenza – cosa che non corrisponde all’attuale realtà – nulla vieterebbe ai responsabili delle strutture sanitarie di ricorrere all’istituto della mobilità. Il regime normati della Legge 194, infatti, lo consentirebbe.
L'ULTIMA FOLLIA GAY: GESÙ E GLI APOSTOLI SONO DEI NOSTRI
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- Pubblicato Martedì, 22 Luglio 2014 01:24
La denuncia penale contro lo sketch blasfemo mandato in onda su Rai2, in cui Gesù veniva presentato come un gay, ha provocato diverse reazioni. La più interessante è quella di coloro che non solo non hanno visto nulla di male nell’iniziativa della Tv di Stato, ma che, anzi, hanno difeso a spada tratta l’assurda pretesa che Nostro Signore fosse un omosessuale dichiarato. Hanno invocato, a supporto della tesi, «importanti e recenti documenti storici» che comproverebbero inequivocabilmente l’orientamento sessuale del Cristo.
In realtà è una storia ampiamente conosciuta e, ormai, per nulla recente. Si tratta di quella settantina di codici scoperti, circa dieci anni fa, in una grotta della Giordania, che avrebbero dovuto rivoluzionare la concezione del cristianesimo e la Chiesa cattolica. Invece, non hanno scalfito minimante né l’uno né l’altra. Nella polemica seguita alla denuncia contro la Rai è tornato in circolazione anche il provocatorio articolo pubblicato il 4 novembre 2011 sul prestigioso quotidiano britannico The Guardian, a firma del professor Michael Ruse, darwiniano docente di filosofia alla Florida State University. Il titolo dell’articolo non lascia dubbi sul contenuto, affermando apoditticamente l’omosessualità dichiarata di Gesù Cristo: “Jesus as an openly gay man”. Anche Ruse si rifà alla scoperta dei codici giordani, per dichiarare che «Gesù era inequivocabilmente e apertamente omosessuale».
Ma non era il solo. Secondo il professore, infatti, «Lui e i suoi discepoli formavano un cenacolo di omosessuali, ed erano tra loro legati da sentimenti di amore e mutuo sostegno». Sempre Ruse nel suo articolo ci spiega che già nel Vangelo ufficiale «ci sono chiari esempi di omosessualità – il “discepolo amato” gioca in questo senso un ruolo significativo –, e c’è l’affermazione delle gioie dell’amicizia e dello stare insieme amandosi vicendevolmente». «In quest’ottica», secondo Ruse, «si comprende perfettamente quel passaggio oscuro in cui Gesù esorta i suoi seguaci a rompere i legami familiari: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14,26)», perché «appare ora chiaro che quella esortazione non è tanto un ripudio negativo della famiglia, quanto piuttosto un invito positivo a unirsi per affermare la gioia dell’amore e dello stile di vita omosessuale (“gay lifestyle”)».